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Tra biblioteca e cimitero
“Mi sembrò per un attimo che ogni cosa nel mondo – anche i pensieri, anche i sentimenti, anche i morti- avesse la sua giusta collocazione nell’universo. Anche io, Astolfo Malinverno, l’unico bibliotecario guardiano di cimitero che l’umanità abbia mai avuto”.
In questa sintesi è contenuto il romanzo di Domenico Dara, tutto incentrato su due luoghi apparentemente così distanti ma che in realtà rappresentano due facce della stessa medaglia. Perchè cimiteri e biblioteche sono luoghi metafisici destinati a conservare e perpetrare il ricordo dell’eternità, due luoghi in cui vita e morte si sfiorano, che si tratti di persone o di libri poco importa. In mezzo a queste realtà si erge la figura del protagonista Astolfo Malinverno bibliotecario per scelta e guardiano del cimitero per necessità su imposizione delle autorità comunali, in un piccolo paese di provincia, Timpamara, sede di un macero per vecchi libri. Un luogo magico nel quale i fogli di carta che il vento solleva dai mucchi accatastati in attesa di smaltimento, vagano per il paese come coriandoli e vengono depositati “In ogni angolo di Timpamara, su davanzali, panchine, portabagagli delle auto, sui sacchi della spazzatura e perfino sui cappelli delle signore”. Lungo l’asse biblioteca-cimitero che rappresentano i due “punti fissi” del piccolo mondo del protagonista, si muovono i compaesani di Malinverno che, a modo suo, diventa lo spettatore di uno spettacolo della quotidianità nel quale gli stessi abitanti condividono assieme a lui piccole grandi tragedie cariche di sofferenze e solitudini, spesso troppo pesanti da sopportare, ma che talvolta assumono un tocco di realismo magico che sa di eternità: perché solo a Timpamara ad es. può accadere che un matrimonio venga celebrato proprio nel cimitero tra due sposi innamorati nonostante uno di loro sia trapassato. Ma Malinverno passerà da spettatore a protagonista assaporando sulla propria pelle un amore avvolto da mistero e che ha tutto il sapore della letteratura, rispecchiandosi attorno all’intricata vicenda di una splendida donna deceduta, della quale è possibile ammirare il volto in una fotografia incastonata nella lapide ma la cui identità rimane ignota. Una donna ribattezzata dallo stesso protagonista con l’immaginario nome di “Emma”, in onore di quella Madame Bovary nei confronti della quale nutre una profonda passione (“Questa lettura tornava nella mia vita ogni volta che avevo bisogno di consolazione, quando avvertivo cioè la necessità di annacquare e disperdere la mia tristezza nella tristezza del mondo e sentirmi così parte dell’umanità illusa e dolente”) e che ha in un’altra donna, Ofelia, evidente richiamo letterario di shakesperiana memoria, il suo sosia vivente.
Malinverno è un romanzo intriso di malinconica dolcezza, di una dolcezza sconfinante in dolore che forse, a tratti, può anche apparire eccessivo ma che allo stesso tempo rappresenta tutta la tragicità della vita. Romanzo nel quale le vicende narrate vengono diluite da riflessioni sulla solitudine, sull’esistenza, sulla natura umana (“Perchè la vita che viviamo o che pensiamo di vivere avviene tutta nei pochi centimetri quadrati della nostra scatola cranica, che gli eventi memorabili e unici della nostra esistenza accadono nella nostra testa….Che noi non siamo quello che abbiamo vissuto: siamo quello che abbiamo pensato”). Ed anche romanzo che sancisce il potere dei libri come “luogo di rifugio” per lo stesso protagonista di certo non baciato da madre natura causa disabilità fisica (“Fosse per me ci abiterei tra i libri: attraversata la porta della biblioteca mi sembra già di non zoppicare più...come se lì dentro non esistessero uomini claudicanti….E’ più di un rifugio per me: una tana, la mia camera amniotica”).
Malinverno si diverte a giocare con i personaggi della letteratura, mischiando le loro esistenze e facendo ad es. innamorare don Chisciotte con Madame Bovary, oppure a immaginare il necrologio per altre celebrità letterarie, riscrivendo la loro dipartita, come ad es. per l’Ismaele di Moby Dick. o sempre per lo stesso don Chisciotte.
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