Dettagli Recensione
La morte e la vita immaginata
“Perché la vita che viviamo o pensiamo di vivere avviene tutta nei pochi centimetri quadrati della nostra scatola cranica, che gli eventi memorabili e unici della nostra esistenza accadono nella nostra testa, che la vita, quella che pensiamo di aver vissuto e che ci è concesso di recuperare quando giungono i tempi dei bilanci, quella vita è avvenuta nell’intimità dei nostri pensieri, sconosciuta agli altri e all’universo. Che noi non siamo quello che abbiamo vissuto: siamo quello che abbiamo pensato, immaginato, sperato, desiderato, dimenticato.”
Astolfo Malinverno è il bibliotecario di una fiabesca cittadina calabrese, Timpamara. Sicuramente per volere della forza potente ed arcana del fato, un giorno si ritrova anche a fare il custode del cimitero del paese.
Il nostro protagonista è zoppo, orfano dei genitori che ha amato e che lo hanno amato intensamente. E’ un essere solitario e profondamente buono, creato in ogni sua sfumatura dalla penna dell’autore con lo scopo di essere apprezzato da noi lettori. E in effetti non è possibile altra scelta, soltanto quella di prendere il povero Malinverno in simpatia e sperare che finalmente anche lui abbia la possibilità di vivere l’amore, perché lo merita davvero.
Fin dalle prime pagine del romanzo ci troviamo catapultati in una storia che si svolge in un indeterminato passato, in un luogo quasi magico, una storia che cerca di attirare il lettore in un’atmosfera sospesa, impalpabile e densamente segnata dai buoni sentimenti.
L’autore è senza dubbio profondamente colto e nel romanzo sono disseminate decine di citazioni e di riflessioni sulla vita, sulla morte, sull’amore, sul valore e sulla potenza della lettura e della letteratura.
In teoria quindi gli elementi per trovarci di fronte ad un romanzo solido, piacevole e stimolante ci sono tutti: una storia particolare, ambientata in un cimitero – anche se ultimamente forse, è un’ambientazione un po’ troppo frequentata- un protagonista che suscita tenerezza ed empatia, uno stile che si apre a molteplici riferimenti letterari e profonde considerazioni. Non a caso ho scritto “in teoria”. Perché purtroppo, nella mia personalissima esperienza di lettura, tutti questi elementi che dovevano garantire l’apprezzamento del romanzo, non sono riusciti a combinarsi e a fondersi in modo armonico. Come in una ricetta in cui gli ottimi ingredienti, per una qualche indecifrabile motivazione, non riescono a mescolarsi e dar vita ad un buon piatto.
Lo stile dell’autore mi è sembrato eccessivamente prolisso e dispersivo e le continue digressioni sulla letteratura e sul senso della vita non mi sono sembrate sostenute da una trama abbastanza forte e coinvolgente.
In conclusione quindi, un romanzo che sicuramente può piacere ed essere apprezzato – sul web ho letto soltanto recensioni positive- ma che con me non ha funzionato. La sua componente eccessivamente centrifuga rispetto alla storia principale non mi ha convinta.
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Commenti
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In fine, nota dolente è questa edizione della Feltrinelli che negli ultimi capitoli presenta alcuni refusi ed errori di battitura. I libri bisognerebbe rileggerli e correggerli prima di pubblicarli. Secondo me
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