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Potenziale inespresso
«Voglio scrivere di quello che abbiamo scoperto insieme, e credo che vi interesserà, perché siamo tutti nella tempesta, alla ricerca di un porto tranquillo. Bisogna però prima distruggere la cattedrale che abbiamo eretto intorno all’amore. Poi forse si potrà ricostruirla, una chiesa di dimensioni più contenute, sulla porta un cartello: lavori in corso.»
C’è un amore nel nostro vivere che per quanto possa giungere al termine nel suo decorso mai davvero ci abbandona restando al nostro fianco, sedimentandosi nel nostro cuore e animo anche a distanza di anni e anni dal suo esaurirsi. Ed è questo sentimento, è questa storia che giunge al suo termine, l’oggetto della narrazione di “L’altra donna”, ultimo lavoro di Cristina Comencini ed edito da Einaudi. Come viene narrato questo amore? Viene narrato per voce di Elena, al tempo dei fatti una giovane contabile innamorata del suo ex professore di economia, Pietro, di trent’anni più vecchio, con figli ed ex moglie al seguito. Ed è proprio quest’ultima a irrompere nella sua vita con uno stratagemma; una falsa identità su Facebook, confessioni e conversazioni che si perpetrano per un anno sino quando, Maria, l’ex moglie, in arte Sara, si palesa alla nostra protagonista mostrandole un’altra faccia della verità. Perché se Elena aveva creduto a un amore puro e semplice, aveva scelto di non darsi pensiero o cercare spiegazioni di quel passato e di quella vita precedente dell’uomo che aveva al suo fianco, Maria, cattura la sua attenzione e le chiede se davvero si può conoscere anche senza sapere, anche senza voler sapere di un’altra vita. È l’altra donna a irrompere con questo pensiero che permea l’intero romanzo.
L’opera ultima della Comencini è ambientata a circa una decina d’anni dalla relazione, osserva con distacco, mette a confronto le due donne, scava nel profondo e ci dona un romanzo introspettivo e capace di far riflettere per cercare quelle risposte alle tante domande, per capire. Tuttavia, per quanto gli intenti siano ravvisabili nei risultati, la lettura sembra non decollare mai, a tratti è lenta e farraginosa come se stesse arrovellandosi su se stessa, chiede di essere sospesa e ripresa a piccole dosi e con intervalli con altri libri, manca di quell’intensità e di quell’emozione capace di trasportare che ci si attende da uno scritto di questa tipologia. La sensazione è quella di un componimento che non è riuscito a esprimersi completamente nel suo potenziale e nel suo essere essendo invece rimasto in una fase acerba, immatura, inespressa.
In ogni caso, una storia non per tutti. Un titolo molto particolare, con un suo messaggio ma che può respingere il lettore che non ama questo filone di storie.
«Dopo una distruzione, si ha nostalgia del tempo passato, sembra perfetto e felice, si cerca di rimetterlo in piedi, sembra possibile ma non lo è, bisogna andare avanti verso l’ignoto.»
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Commenti
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Peccato perché il tema sarebbe stato davvero interessante. Uff
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ho iniziato questo libro. ne ho letto un bel po' di pagine. l ho chiuso e ogni tanto ne leggo un po'. non decolla, è piatto, inespresso.... peccato il tema prometteva una analisi introspettiva profonda e ricca di spunti, a volerlo... invece.....