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Padri e figli, il legame infinito spezzato
«Portare i fiori sopra la tomba di un figlio è contro natura. Piangere sulla tomba di un figlio è contro natura. Vivere al posto di un figlio è anche peggio.»
Se c’è una cosa che un genitore mai si augura e mai è pronto ad affrontare è il sopravvivere a quel figlio che è stato messo al mondo e che, per circostanze spesso imprevedibili o nefaste, è venuto a mancare. Ed è proprio questa la circostanza dalla quale prende avvio “Gli ultimi giorni di quiete”, opera che ci propone un Antonio Manzini diverso da quello che abbiamo conosciuto con la serie dedicata ad Antonio Schiavone e sicuramente invece più vicino, per tematica e sensibilizzazione, a quello che abbiamo incontrato in “Orfani bianchi”. E cosa, ancora, ci chiede tra le righe l’autore, proviamo quando non solo nostro figlio è morto, presuntivamente ha avuto giustizia ed eppure dopo pochi anni quel reo, quel colpevole che si è macchiato di quel sangue e si è reso artefice di quella dipartita prematura e inaspettata, ha nuovamente ottenuto la sua libertà mentre la vittima ha pagato con una pena più cara di un ergastolo?
Un viaggio in treno, una donna, una madre ferita che sopravvive perché deve, lo vede, quell’uomo. Lo ha davanti in quel viaggio, lo segue quando scende, lo riconosce senza ombra di dubbio. La confessione a quel marito che sembra pronto a tutto pur di mettere la parola fine su quel dolore radicato nel cuore e su quell’ingiustizia e infine quel colpevole che negli anni si è ricostruito una vita alla quale non vuole rinunciare.
Tre voci, tre prospettive, tre diversi dolori per tre diversi punti di vista. Manzini ha il grande merito di riuscire a trattare un tema di grande attualità con una analisi che tocca ogni voce e che abbraccia ogni aspetto e sfumatura del tema trattato. E vi riesce senza mezzi termini e senza nulla risparmiare al lettore che, pagina dopo pagina, è chiamato a riflettere e a interrogarsi sulle questioni introdotte ma senza mai cadere nello scontato nel patetico, bensì toccando le corde più intime del conoscitore.
Non c’è altro da dire, c’è solo da leggere. Un titolo che arriva e che raggiunge il suo obiettivo.
«Nicò, una ferita per riaprirsi prima deve richiudersi.»
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