Dettagli Recensione
A sangue... caldo
Molto spesso la realtà trascende la più cruda immaginazione: questo accade, probabilmente, perché chiunque si ritrovi a produrre un'opera di fantasia non può o non riesce a oltrepassare certi limiti, o magari non vuole ammettere a sé stesso e agli altri d'essere in grado di immaginare efferatezze di un certo tipo. Ma a volte è semplicemente la realtà a essere cruda ogni altra aspettativa, e l'essere umano può rivelarsi capace di mettere in atto crudeltà prima inconcepibili. È questo il caso del racconto contenuto nell'ultima fatica di Nicola Lagioia: “La città dei vivi", che si rivela una specie di ibrido tra reportage e racconto di uno dei più efferati casi di cronaca nera italiana degli ultimi anni e forse di sempre: l'omicidio del ventitreenne Luca Varani da parte di Manuel Foffo e Marco Prato, due giovani scapestrati appartenenti alla borghesia romana.
Impossibile non pensare, durante la lettura, a libri come “A sangue freddo” di Truman Capote e “L’avversario” di Emmanuel Carrère, perché oltre ai contenuti a esser simile è anche il metodo con cui le vicende sono esposte. Lagioia prova a indagare sui motivi, a ricostruire gli eventi che hanno portato all'omicidio facendo uso di informazioni di prima e seconda mano; ma soprattutto prova a scavare nella psicologia degli assassini, a cercare le origini della mostruosità ma anche l’umanità che può celarsi alle sue spalle. Rispetto ai lavori di Capote e Carrère, tuttavia, il romanzo di Lagioia non risparmia dettagli truculenti: il capitolo in cui si descrive l'omicidio citando le testuali parole dei due assassini, infatti, risulta davvero disturbante, e questo è un aspetto che può piacere come anche no. Sebbene ne riconosca la necessità narrativa, personalmente non l'ho gradito moltissimo.
Quel che è interessante è provare a mettere insieme i tasselli di questo macabro mosaico avvalendosi di tutti gli indizi fornitici da Lagioia: trascrizioni di testimonianze, pensieri postati sui social dalle parti coinvolte, articoli di giornale oppure semplici incontri. Quel che emerge è una spaventosa realtà tipica dei giorni nostri, in cui a chiunque è permesso di esprimersi in ogni campo semplicemente accedendo a un dispositivo elettronico: in questo modo, la verità rischia di diventare un'entità sempre più astratta e inafferrabile, inquinata dai punti di vista e dalle opinioni (spesso infondate) delle suggestionabili masse.
Cos'è vero e cosa no? Pare che sarà sempre più difficile, stabilirlo.
Sullo sfondo di questo crimine crudele non manca nulla: questioni di classe, di droga, di omosessualità, di lacune affettive nell'ambito familiare; ma soprattutto emerge un'immagine contraddittoria della città di Roma, vera protagonista di questa storia e detta la città dei vivi: un luogo maledetto, sporco, grottesco, ma che in qualche modo ammalia e una volta lasciato fa sentire la sua mancanza in maniera irresistibile: come un inferno che ci chiami a sé per godere delle sue pene, che paradossalmente ci ritroviamo a bramare.
Forse un po' troppo ripetitivo e riempito di dettagli superflui, “La città dei vivi" lascia sicuramente un segno, ma non saprei davvero dire se questo si rivelerà indelebile, né se sarà piacevole.
“Tutti sanno che la fine del mondo ci sarà. Ma il sapere, nell’uomo, è una risorsa fragile. Gli abitanti di Roma la consapevolezza delle cose ultime ce l’hanno nel sangue, ed è talmente assimilata da non generare più nessun ragionamento. Per chi abita qui la fine del mondo c’è già stata, la pioggia ha solo il fastidioso effetto di rovesciare dal bicchiere un vino che in città si beve di continuo.”
Indicazioni utili
L'avversario di Emmanuel Carrére
Commenti
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io ero incuriosito dalla fama che lo circonda e dalle opinioni molto divisive che attira. Il suo romanzo che ha vinto il Premio Strega è uno di quelli che prima o poi leggerò, sebbene dicono sia molto diverso da questo che ho appena letto.
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Questo autore però non m'incuriosisce al punto da leggere un suo libro.