Dettagli Recensione
Interessante ma duro da affrontare
Mi sono accostato a questo libro perché, dalla trama e dalle recensioni, mi è sembrato quanto di più vicino alla letteratura che amo leggere (e che anelo a scrivere) ma che, tuttavia, è da sempre un po' snobbata nel panorama letterario italiano, sia nella produzione quanto nel “consumo” e nella critica. Quello di utilizzare espedienti fantastici o fantascientifici per trattare temi importanti (in questo caso la solitudine, le difficoltà sociali, la misantropia e il suicidio) è secondo me un metodo efficacissimo per mettere in risalto quegli argomenti in maniera ancor più potente, e probabilmente più originale. Chissà perché, ma qui in Italia esulare dalla realtà e dai contesti quotidiani e autoctoni ben definiti (spesso noiosi e ripetitivi) non è visto di buon occhio, e a mio parere non è un caso che Morselli abbia fatto una fine kafkiana, raggiungendo la notorietà (comunque relativa) solo in seguito alla sua morte avvenuta proprio tramite suicidio, forse indotto anche dall'insuccesso editoriale.
"Dissipatio Humani Generis" è un titolo molto bello e che in realtà suggerisce già molto della trama del libro: in seguito a un suo tentato suicidio in una grotta, infatti, il protagonista si rende presto conto che l'umanità intera si è appunto dissipata, persa nel nulla da un momento all’altro. L'uomo che voleva morire è l'unico a sopravvivere, e considerato che questo romanzo è l'ultimo di Morselli prima del gesto estremo, non si fa fatica a capire che nel nostro protagonista ci sia molto di lui. Narrato in prima persona, il romanzo è un viaggio nella psiche del protagonista, già piuttosto provata prima de “l’Evento" e in seguito ad esso sconvolta dalla conseguenze che questo ha generato. Il suo approccio varia sensibilmente da pagina a pagina: all'inizio prevale l'incredulità indotta dal razionale, che nonostante l'evidente destino degli uomini lo spingerà a cercare sopravvissuti in lungo e in largo, dando per scontato che certe cose non possano essersi volatilizzate. Nonostante un aeroporto deserto, l’uomo si aspetta che i voli continuino a partire e ad arrivare e perciò attende, ottusamente attende come un bambino che non accetta o non comprende una realtà evidente. Quando finalmente si rende conto di qual è stato il destino dagli uomini (una consapevolezza descritta in un capitolo secondo me molto bello) i suoi pensieri si dividono tra l’esultanza, derivante dalla sua misantropia, e la spaventosa constatazione di una solitudine stavolta effettiva: non solo uno stato mentale dovuto alla mancanza di comprensione ma reale, palpabile, fisica.
"Dissipatio “H. G.” è un libro difficile non solo per i suoi temi scottanti, ma anche per il linguaggio che a volte pare un po' un esercizio di stile, se non un auto celebrazione che l’autore fa della propria cultura. Spesso i pensieri del protagonista diventano difficili da seguire perché complessi, infarciti di parole desuete e forse inutilmente artificiose, con riferimenti non facili che potrebbero mettere in difficoltà il lettore meno preparato. Morselli, dunque, pur avendo il mio apprezzamento per aver scelto un contesto che si discosta dalla realtà, ha forse un po' peccato nel compromesso letterario soprattutto per quanto riguarda il linguaggio, che se scelto oculatamente può rendere fruibile e permettere una riflessione a un pubblico non necessariamente vastissimo, ma quantomeno popolato. Ma non tutti vogliono accettarlo, questo compromesso, ed è giusto cosi: ognuno fa della sua arte ciò che vuole e forse, avendo compreso che nessuno l'avrebbe apprezzato (non mentre era in vita, almeno) nel suo ultimo lavoro Morselli ha deciso di compiacere quantomeno sé stesso. Tuttavia, da quanto emerge proprio in questo romanzo, dove sta il senso di un qualsivoglia atto, persino il suicidio, se non v'è nessuno a cui quell’atto possa essere rivolto?
"Oh, grande astro" diceva Nietzche tramite il suo Zarathustra, "che sarebbe della tua felicità, se tu non avessi a chi splendere?"
“La fine del mondo? Uno degli scherzi dell’antropocentrismo: descrivere la fine della specie come implicante la morte della natura vegetale e animale, la fine stessa della Terra. La caduta dei cieli. Non esiste escatologia che non consideri la permanenza dell’uomo come essenziale alla permanenza delle cose. Si ammette che le cose possano cominciare prima, ma non che possano finire dopo di noi. […] Andiamo, sapienti e presuntuosi, vi davate troppa importanza. Il mondo non è mai stato così vivo, come oggi che una certa razza di bipedi ha smesso di frequentarlo. Non è mai stato così pulito, luccicante, allegro.”
Commenti
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anch'io avevo aspettative altissime... un vero peccato. Non che sia un brutto libro, però si intravedono delle potenzialità non del tutto sfruttate. Tuttavia sono curioso di leggere altro dell'autore, perché mi ha comunque incuriosito.
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