Dettagli Recensione
Vita & Diamante
«La prima cosa è dare sempre un nome alle cose. Così sai sempre dove sono. Se non lo sai, non puoi cercarle.»
Vita e Diamante. 1903, due bambini o poco più, dodici dollari cuciti nelle mutande, tanti sogni e tante speranze custodite in due anime di pochi anni che sono partite da quel di Tufo, una frazione di Minturno, basso Lazio, per approdare nel nuovo mondo, negli Stati Uniti. Due giovani rispettivamente di nove e dodici anni che non conoscono la lingua, che non sanno cosa aspettarsi da quella città che tutto sembra tranne che pronta a ospitarli. E tutto è difficile, laggiù. Perfino lo sbarco, perfino la selezione iniziale. Nulla può essere dato per scontato e il rischio di essere rimandati a casa è forte e latente come pochi perché rappresenterebbe la fine di quell’auspicare a un futuro possibile, la fine di quel loro lungo viaggio già prima di essere giunti a quella possibilità agognata.
La mente ben presto si risveglia dal sogno. La disillusione non tarda ad arrivare in quella che è un’America a cavallo fra il diciannovesimo e ventesimo secolo: è un luogo che per l’immigrato italiano si traduce in discriminazione, povertà, scherno, degrado e umiliazione continua. Giorno dopo giorno, in una famiglia diversa, in una serie di legami e di leggi della casa e del padre e della nuova compagna che non tardano a imporsi, sempre più e sempre più concrete queste sono. Ma loro sono lì, si tengono per mano come nel momento in cui sono scesi dalla nave. Come fratelli, in principio, come unico appiglio a quei legami familiari lasciati indietro, come qualcosa di molto diverso dopo. Perché quel sentimento cambia, si evolve, muta. Non sembra avere un nome, all’inizio, e quando lo assume tocca i due giovani esattamente come il lettore. Quei batticuori, quegli istinti, quei primi baci, quelle carezze, quei piccoli gesti, scombussolano tanto i loro quanto chi si avvicina alla lettura.
Ma la vita non sempre è clemente, non sempre è disposta a dare possibilità e ancor meno seconde tali. In un preludio giornaliero qualcosa accadrà e a quel punto ecco che ci interrogheremo su quel sentimento. Perché il tempo passerà, le strade saranno separate, ragioni storiche si susseguiranno, la semplice quotidianità detterà un ritmo diverso a quel che siamo diventati e cosa ne sarà stato di quel sentimento adolescenziale? Quanto questo davvero potrà resistere alle intemperie della vita? Quanto ancora potrà davvero incidere sul decorrere del tempo e sull’esito di una intera esistenza?
«Vita sa che sbaglia, Non ha bisogno di prove, perché aver fede in qualcosa, o in qualcuno, non significa voler toccare la sua ferita, ma volerla guarire. In ogni modo, le creda o no, lei lo ama. E perché aspettare? A che serve? La vita è adesso. Non nel futuro, che potrebbe non venire, non nel passato, che s'è dissolto -siamo noi, qui, ora, come ci siamo ritrovati, con quello che sentiamo oggi diciotto aprile 1912 – perché potremmo non sentirlo più, potremmo cambiare, o essere cambiati, e disperderci in direzioni diverse come gocce di pioggia contro il vetro di una finestra. I sentimenti si sfilacciano, e le promesse non si mantengono. Questo presente passerà, né mai sarà possibile richiamarlo. Perché aspettare? Non abbiamo aspettato abbastanza? Che importanza ha un anello d'oro, la benedizione della legge, l'approvazione della chiesa? La realtà di una casa, uno stipendio e la stessa chiave nelle loro tasche? Tutto questo non la sposerà con Diamante. Lo farà il piacere che accende il viso di lui alla vista del suo, voler cercare, fra milioni di sguardi, i suoi occhi - e allora da oggi sarà la sua sposa.»
È con grande maestria che Melania Mazzucco ci prende per mano e ci conduce per quella che è la ricostruzione della storia di due membri della sua stessa famiglia riuscendo a rendere loro omaggio, riportandoli alla memoria, collocandoli nel tempo, lasciandone una traccia che mai potrà essere cancellata. “Vita” è il risultato di un lungo lavoro di ricerca – delle cui tracce sono prova anche le foto site tra le pagine – che ha portato l’autrice a vincere meritatamente il Premio Strega nel 2003. Ed è attraverso la voce dei due eroi che ella ricostruisce la storia del Novecento conducendoci per un lasso temporale che parte soltanto dagli inizi del secolo.
«Purtroppo, come sempre, i visionari sono in anticipo. E fanno di tutto per non realizzare mai ciò che intuiscono. Perché non c’è niente di più disperante di un sogno esaudito.»
Magistrale è anche l’opera di scrittura. A differenza dei soliti lavori della scrittrice qui abbiamo non solo una penna rapida, minuziosa e precisa ma anche una penna che lascia molto spazio all’emozione e all’aspetto empatico. I personaggi, a loro volta, sono perfettamente caratterizzati. Il conoscitore non fatica a entrare con loro in simbiosi, a farne propri i pensieri e le vicissitudini. Arrivano sia i momenti più belli che quelli più difficili e caratterizzati da quelle cadute e da quelle sconfitte dalle quali non sempre è semplice rialzarsi. Entrambi crescono, in modo particolare Diamante che compresa l’importanza di seguire i propri principi e i propri valori si allontana da quella strada che altri avrebbero desiderato fargli intraprendere. Egli, è senza ombra di dubbio, il personaggio che più si imprime nell’animo perché custode di un messaggio importante: egli sceglie di vivere diventando qualcuno che possa essere stimato e preso come modello, sceglie una vita retta e fatta di onestà e senza l’arricchimento facile con la delinquenza e per effetto trasmette ciò anche a chi legge e ci invita a fare altrettanto.
«Le cose sembrano dover durare per sempre, e invece il tempo le sgretola poco a poco, finché, se uno si volta indietro, si rende conto che del passato non è rimasto niente.»
La mia esperienza con “Vita” ha trovato la forza di diventare parola scritta. Ho letto questo romanzo molti anni fa, l’ho iniziato e poi interrotto attorno alla metà perché travolta dall’emozione e dal coinvolgimento tanto che non volevo ultimarlo, poi vi sono tornata per giungere alla fine del viaggio ma non era ancora giunto il momento di separarsi da questi due ragazzi. Vi torno adesso, in occasione di una rilettura occorsa in occasione di un incontro del gruppo di lettura in biblioteca di cui faccio parte. Vi torno con lo spirito di chi non si è mai davvero staccato da un legame instaurato, vi torno con la gioia e la contentezza di chi ha rivissuto le stesse emozioni e ne ha vissute di nuove. Vi torno oggi ma vi tornerò ancora.
Un libro semplicemente da leggere.
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