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Anime salve
«Per i pazzi di tutti i tempi, ingoiati dai manicomi della storia». A loro e a tutti gli esclusi che abitano il nostro mondo, le nostre città, magari le nostre stesse famiglie il bravissimo Daniele Mencarelli dedica il romanzo “Tutto chiede salvezza”, vincitore del Premio Strega Giovani 2020.
La vicenda è quella di Daniele, ragazzo romano di vent’anni, incline a percepire la drammaticità della vita con un’intensità sconosciuta ai più: «Non so vivere in un altro modo, non riesco a fuggire a questa ferocia: se c’è una vetta la devo raggiungere, se c’è un abisso lo devo toccare». La sua febbre di vita lo porta a interiorizzare, oltre ogni ragionevole misura, i drammi e le gioie che costituiscono l’esistenza quotidiana non solo sua ma anche delle persone con cui, per un motivo o per un altro, entra in contatto.
Ciò lo conduce a porre alla vita un’implacabile domanda di salvezza, per tutti e per tutto: «Una parola per dire quello che voglio veramente, questa cosa che mi porto dalla nascita, prima della nascita, che mi segue come un’ombra. Salvezza. La mia malattia si chiama salvezza, ma come? A chi dirlo?». La domanda brucia sulla pelle di Daniele e sembra non trovare risposta in tutto il repertorio di soluzioni che la società mette a disposizione per andare avanti (scienza e religione comprese), né tantomeno nelle droghe con cui il protagonista tenta di anestetizzare il dolore che lo sovrasta.
In seguito a una forte e violenta esplosione di rabbia, Daniele subisce un Trattamento Sanitario Obbligatorio ed è costretto a trascorrere una settimana in un reparto psichiatrico, lontano dalla famiglia e dalle frequentazioni abituali. Una sorta di non-luogo per soggetti irrecuperabili, inutili e pericolosi agli occhi del mondo. Qui farà la conoscenza di diverse persone: medici più o meno cinici, personale ospedaliero che cerca, come può, di difendersi emotivamente dall’orrore che lo circonda, ma soprattutto alcuni ospiti del reparto: Mario, Gianluca, Giorgio, Alessandro e “Madonnina”, compagni di viaggio decisamente fuori dagli schemi, persone per le quali non c’è posto nel mondo dei vivi, ma che, insieme al loro carico di dolore, portano in sé la grazia, l’umanità, la pietà e persino la bellezza che tante volte non trovano spazio nei rapporti quotidiani tra le persone. Sono proprio loro che Daniele riconoscerà come «la cosa più simile all’amicizia che abbia mai incontrato, fratelli offerti dalla vita, trovati sulla stessa barca, in mezzo alla medesima tempesta, tra pazzia e qualche altra cosa che un giorno saprò nominare».
L’incontro con queste “anime salve”, per dirla con De André, cambierà pian piano lo sguardo di Daniele, facendogli capire che la vera follia è quella di chi non cerca con tutto se stesso il senso, la redenzione: «La vera pazzia è non cedere mai. Non inginocchiarsi mai».
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