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Pienezza nella solitudine
Il suo nome è Isolato ed è un mulo mosso in ogni suo comportamento e pensiero da grande determinazione. Il suo nome trae origine dal fatto che è sempre stato solo, senza padre né madre, senza nessuno che badasse a lui. Di indole solitaria mai ha inoltre instaurato rapporti con gli altri animali della stalla, accrescendo, per questo, la sua natura riflessiva e meditabonda. Quando l’alpino decide di prenderlo con sé, non c’è fiducia da parte dell’animale nell’uomo. È soltanto dopo qualche giorno scandito da gentilezza, zuccherini e da una routine all’inizio incompresa e poi sempre più chiara che questa viene conquistata. Per Isolato, da questo momento, far bene nell’eseguire le richieste del suo Padrone è più che vitale. Non sa bene di cosa si occupi quel membro della Resistenza che l’ha preso con sé in quei primi giorni di marzo del 1941, ma non perdere quell’attestato di stima e quell’affidamento verso di lui riposto, è cosa di primaria importanza. Tuttavia, la vita ha ancora molte sorprese in serbo per il giovane mulo. Malauguratamente, dopo una prima solitudine colmata dall’affetto di colui che ha riposto nelle sue mani rivolte all’animale gentilezza e nei suoi occhi sullo stesso poggiati dolcezza e rispetto, seguiranno giorni bui in cui tornerà una nuova solitudine e a cui seguiranno vessazioni di vario carattere e sempre maggiori difficoltà. Perché la vita è imprevedibile, perché tutto può cambiare da un momento all’altro. Perché anche quel secondo e garbato Padrone può venire meno. E Isolato questo lo sa molto bene.
«E quando lo vidi partire non lo seguii, non ragliai, non volevo cambiasse idea e restasse qua per me, volevo scappasse da tutto questo. Amare significa saper lasciare, a volte, a ormai era giunto il momento di sdebitarmi. […] Ero di nuovo solo e un preoccupato sibilo nell’aria sussurrava che questa volta non sarei stato fortunato come le precedenti. Ma ormai avevo fatto la mia scelta e non ne provai nessun rimpianto.»
Ha inizio da questi brevi assunti il viaggio del lettore con “Isolato”, il titolo proposto da Marco Arcangeli che spicca sin dalle prime battute per la sua originalità nella trama, nel personaggio e nel messaggio del quale lo rende destinatario. L’autore ci permette di osservare la dimensione umana da una prospettiva diversa, ci permette, con queste pagine intrise di riflessione e di introspezione, di meditare su situazioni e circostanze che a noi possono sembrar banali o di poco conto ma che per chi osserva dall’esterno affatto lo sono.
Al contempo chi legge è spinto a interrogarsi anche sul legame che si instaura tra umani e animali, tra quel dogma di lealtà e gratitudine reciproca che può instillarsi tra loro o che al contrario può tramutarsi in un vincolo di sudditanza dell’animale, considerato mero strumento e oggetto da sfruttare privo di sentimenti ed emozioni, a favore di quei padroni incapaci di forma alcuna di rispetto, cura o sensibilità. Quasi come se fosse impossibile pensare che un animale, perché tale, possa essere privo di emozioni e sensazioni quali il dolore e la sofferenza.
Quello proposto da Marco Arcangeli è un percorso di crescita personale che ha luogo per mezzo di un personaggio eclettico che in un lungo flusso di coscienza prende per mano, avvince e trattiene. È un cammino di ricerca, di comunanza, di solidarietà. È una ricerca di pienezza di quel vuoto che spesso ci accompagna, è una ricerca di consapevolezza di noi stessi affinché possa essere chiara qual è la nostra strada, il nostro posto nel mondo, è una ricerca di accettazione e ricerca di una certezza spesso schiacciata dalla verità dell’incertezza, è la ricerca del nostro scopo nel vivere ed esistere. Ed è anche un percorso che riporta alla luce una pagina della storia meno conosciuta e valori che sembrano sempre più dimenticati. Un esordio che non passa inosservato e che solletica le corde più intime del viaggiatore.
«Ecco il suo ricordo più prezioso. Solo per tutta la vita, provava quel tipo di felicità mai conosciuta alla stalla in cui era nato. Si sentiva accettato, amato e rispettato, con uno scopo ben definito, fermo nella convinzione che il suo posto fosse là, in quel preciso istante e da nessun’altra parte. Nessuno avrebbe potuto separarli. Al suo fianco, pensava, non sarebbe potuto accadere niente di male o di così terribile da farlo soffrire. Si sentiva invincibile, al sicuro e compreso, certo, come in una bella favola, che avessero sempre vissuto felici.»
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