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Il rogo contro la memoria
Ognuno di noi almeno una volta (ma penso molte di più) si è ritrovato a pensare di mollare tutto e di iniziare una nuova vita completamente diversa dalla precedente. Questa è proprio la scelta di Attilio Campi, ex-politico di successo che, dopo la bocciatura di un suo progetto di legge per reinserire la divisa obbligatoria nelle scuole, è stato abbandonato persino dai propri compagni di partito. Decide perciò di sradicare totalmente le radici che lo tengono ancorato nel mondo della recitazione e della falsità che è la politica per dedicarsi all’agricoltura, trasferendosi nel piccolo paese di Roccapane, in una sorta di esilio volontario. La seconda vita di Attilio comincia quindi dalla semplicità della terra e dall’apprendimento del mestiere che ha permesso il sostentamento e la nascita della società umana nel corso dei secoli.
“Io conoscevo l’acqua come la conoscono i cittadini, una banale conseguenza del rubinetto, una presenza scontata, una bolletta condominiale. Non la conoscevo come principio, l’elemento madre dal quale tutto origina, l’anima del mondo.”
Tuttavia né questa riscoperta del mondo, né la filosofia agricola dei suoi vicini che vivono alla giornata, senza alcuna preoccupazione, saranno sufficienti a rendere possibile la sua rinascita. Attilio è impossibilitato a sradicarsi completamente dal suo passato e a trovare un posto nel mondo adatto a lui, tutto quello che sogna è la distruzione, un totale annichilimento che arriva persino a fargli auspicare la Terza guerra mondiale.
È tormentato da sua moglie Maria, architetto sempre assente che è il suo esatto opposto: pragmatica e dedita alla costruzione di edifici in tutto il mondo; da sua sorella Lucrezia, assente anche lei e ormai giunta al terzo matrimonio; dal suo vecchio rivale politico Ettore Mirabolani, con il quale desidera fare pace una volta per tutte, tuttavia senza ritirarsi a testa bassa, come uno sconfitto. Ma ciò che lo tormenta di più sono gli oggetti materiali, ingombranti (da un vecchio canapè ereditato dalla zia, all’epistolario della defunta madre con un presunto sconosciuto) pronti ogni volta a far ritornare in mente un passato che non vuole ricordare. La soluzione che adotta per liberarsene è il rogo, la distruzione violenta capace di provocare piacere nel totale annichilimento, nel vedere la materia piegarsi sotto la forza delle fiamme e fuoriuscirne in cenere.
“Le cose che bruciano” racconta la fuga non soltanto dal mondo politico ma da tutto il mondo contemporaneo, dall'eccesso nell'uso dei social network (Instagram è definito come una “micro-pinacoteca che ognuno innalza a se stesso”) e da tutta la rabbia e l’odio insensati e gratuiti che spesso si generano in essi, sottolineando invece l'importanza del rapporto umano e la bellezza del ricordare gli altri e dell'essere ricordati.