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Little big Italy
La federa di un cuscino come valigia, dodici dollari cuciti nell'unico paio di mutande, un carico pesantissimo di responsabilità, una dose consistente di sogni e speranze sono il bagaglio con cui Diamante e Vita sbarcano negli Stati Uniti all'inizio dello scorso secolo. Hanno lasciato Tufo, frazione di Minturno, nel basso Lazio, per correre incontro ad un futuro ricco di opportunità, ad un ventaglio di possibilità che solo l'America, terra dei sogni per eccellenza, può offrire. Ma l'America a cavallo tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo è ben lontana dall'essere il luogo paradisiaco che ogni immigrato sogna di raggiungere lasciando il suolo natio. Ad aspettare i due giovani avventurieri ci sono stenti, miseria, sfruttamento, diffidenza, pregiudizi, lacrime e sudore. La statua della libertà svetta su New York annunciando un mondo migliore, ma ai suoi piedi, per chi sbarca, ci sono umiliazione, scherno, degrado. Diamante, dodici anni, tiene la mano di Vita, nove, con l'atteggiamento protettivo di un fratello maggiore. I due però non sono fratelli, anche se è quello lo spirito con cui affrontano il distacco da casa, la lunga e faticosa traversata, l'impatto crudo e incomprensibile con il nuovo mondo. Il loro legame, nel tempo, si trasforma. Lo spirito fraterno lascia il posto ad un sentimento strano, nuovo, diverso. Il filo che li lega è sempre lo stesso, ma cambia il modo in cui li tiene avvinti. Quando cominciano i primi turbamenti, gli inspiegabili batticuori, gli inevitabili pruriti, non può nascere altro che amore. Ma quanto può incidere un sentimento adolescenziale su un'intera vita? Quanto può resistere l'amore alle sferzanti frustate del destino? Per scoprirlo non possiamo far altro che imbarcarci con i due protagonisti sulla nave guidata dalla brava Melania Mazzucco, immedesimandoci in loro e in tutti coloro che, a tutte le latitudini e in ogni epoca, sono costretti a lasciare tutto, perché ciò che hanno non è sufficiente a permettere una vita decente; a sopportare fatica, abusi, discriminazione per ritagliarsi uno spazietto nel mondo che sia più confortevole, più sicuro, più dignitoso. La speranza, in questi casi, è l'elemento imprescindibile per poter andare avanti, ma altrettanto indispensabile è l'amore, vero motore della vita di tutti noi. "Vita sa che sbaglia, Non ha bisogno di prove, perché aver fede in qualcosa, o in qualcuno, non significa voler toccare la sua ferita, ma volerla guarire. In ogni modo, le creda o no, lei lo ama. E perché aspettare? A che serve? La vita è adesso. Non nel futuro, che potrebbe non venire, non nel passato, che s'è dissolto -siamo noi, qui, ora, come ci siamo ritrovati, con quello che sentiamo oggi diciotto aprile millenovecentododici- perché potremmo non sentirlo più, potremmo cambiare, o essere cambiati, e disperderci in direzioni diverse come gocce di pioggia contro il vetro di una finestra. I sentimenti si sfilacciano, e le promesse non si mantengono. Questo presente passerà, né mai sarà possibile richiamarlo. Perché aspettare? Non abbiamo aspettato abbastanza? Che importanza ha un anello d'oro, la benedizione della legge, l'approvazione della chiesa? La realtà di una casa, uno stipendio e la stessa chiave nelle loro tasche? Tutto questo non la sposerà con Diamante. Lo farà il piacere che accende il viso di lui alla vista del suo, voler cercare, fra milioni di sguardi, i suoi occhi - e allora da oggi sarà la sua sposa."
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Giungo però da una recente delusione con questa autrice di cui molti parlano bene. Ciò che non mi è piaciuto è la scrittura, troppo 'qualunque' per i miei gusti.
"Lei così amata" è l'unico suo libro che ho tentato di leggere. L'avevo scelto con cura perché mi piace il romanzo biografico, tanto più relativo a una scrittrice. Però non amo i raccontini delle vite, bensì narrazioni con riferimenti a documenti, fonti precise, stralci riportati, come se l'autore mi accompagnasse alla scoperta. Così è il romanzo biografico nordico, in cui l'immaginazione dell'autore pare essere quasi assente e il 'romanzesco' è tanto esile da non essere avvertito.