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Elogio della rassegnazione
Vado controcorrente. A me non ha lasciato molto. Veronesi non mi ha annoiato, scrive bene certo, non sono però riuscito ad avere una minima empatia con il protagonista ed è strano perchè la sequela di disgrazie che gli capitano dovrebbero renderlo indimenticabile. E allora qualche domanda me la faccio... Credo che Veronesi, come gli è capitato in altri suoi romanzi, forzi la mano, esagerando e andando semplicemente oltre, divenendo quasi surreale e a me le allegorie fantasiose (vedi Coelho) NON piacciono, ma proprio per nulla. Sfido chiunque , genitore o meno, a considerare plausibile la supina rassegnazione (perchè di questo si tratta altro che colibrì...) con cui un padre accetta le stramberie della figlia, l'umana preoccupazione superata in due righe , va bene così e avanti. Il rapporto epistolare con Luisa che è l'emblema di tutte le cose che uno nella vita vorrebbe fare o avere ma non può avere, o non vuole perchè appunto è un colibrì e non un leone... Un uomo fedele a se stesso e ai propri principi nonostante tutto, che accetta la propria vita con i doni e i tormenti che gli porta, va bene ma il suo comportamento a tratti da nonchalance è davvero poco credibile, se ti cade una tegola in testa (di continuo tra l'altro...) cambia strada o fai qualcosa per riparare il tetto , il protagonista non fa nulla di tutto questo, neanche si incavola, non ha nemmeno un attimo di sbrocco da sconforto, sembra quasi disumano. Per non parlare del finale che da sempre è quello che toglie un paio di punti di media ai romanzi di Veronesi, cos'è ? Un inno ad un mondo globale senza frontiere e senza tabù ? Ho cercato un senso in questo finale da romanzo di fantascienza e non l'ho trovato, per favore qualcuno mi illumini. No, decisamente Veronesi non fa per me.