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Arturo
«Ci tornerai sempre, sì; però, aggiungo: non ti ci fermerai mai. Quelli come te, che hanno due sangui diversi nelle vene, non trovano mai riposo né contentezza, e mentre sono là, vorrebbero trovarsi qua, e appena tornati qua, subito hanno voglia di scappar via. Tu te ne andrai da un luogo all’altro, come se fuggissi di prigione, o corressi in cerca di qualcuno; ma in realtà inseguirai soltanto le sorti diverse che si mischiano nel tuo sangue, perché il tuo sangue è come un animale doppio, è come un cavallo grifone, come una sirena. E potrai anche trovare qualche compagnia di tuo gusto, fra tanta gente che s’incontra al mondo; però, molto spesso, te ne starai solo. Un sangue-misto di rado si trova contento in compagnia: c’è sempre qualcosa che gli fa ombra, ma in realtà è lui che si fa ombra da se stesso, come il ladro e il tesoro, che si fanno ombra l’un l’altro.»
Arturo Gerace, figlio di Wilhelm e di una donna venuta a mancare a seguito del parto e di circa anni quindici all’inizio della storia ambientata nel 1938, è un giovane uomo cresciuto nella solitudine della sua reggia-castello in quel di Procida. La sua educazione è data da quei libri rinvenuti all’interno della struttura e da quei due uomini balia che si sono susseguiti dal momento della sua nascita. Con il padre ha un rapporto particolare perché gli è devoto, lo idolatrata, lo considera l’eroe da seguire, il mito da imitare eppure da questo non riceve affetto alcuno e viene anzi sminuito nel relazionarsi con il mondo esterno. In particolare, la figura femminile, è quella che maggiormente viene imposta in modo disincantato e con disprezzo. Arturo, non a caso, cresce con l’idea che tutte le femmine siano brutte e “oggetti” di poco conto e di scarso interesse che stanno sempre chiuse in casa a non si sa bene far cosa. Da qui anche il loro pallore persistente.
Tuttavia, in questo quadro così ben articolato, un giorno come un altro, il padre si annuncia prossimo a nuove nozze e avverte il primogenito di attenderlo al molo per la data del giovedì successivo alle ore 15.00 ove sarebbe stato accompagnato dalla giovane sposina. È qui che entra in scena Nunziatella, colei che scompone e ravviva la narrazione, colei che di fatto porta alla luce quelle che sono tutte le tematiche del romanzo. Perché ella, di appena due anni più grande del Moro, l’adolescente a cui dovrebbe fare da madre, ne è attratta esattamente come quest’ultimo che non è avvezzo al sentimento e che non conosce l’universo del gentil sesso se non per quelle indicazioni date dal genitore, capisce poi di esserne altrettanto affatturato. E se all’inizio questo non comprende cosa questa abbia di affascinante o di piacevole, non capisce il suo ruolo, non vede in lei qualità alcuna, successivamente si rende conto che il suo corpo e il suo animo non sono immuni a quelli della matrigna, a quei riccioli folti e a quegli occhioni grandi che le caratterizzano il viso, a quelle fattezze che originariamente tanto disprezzava o denigrava come nel caso dei piedini e delle caviglie tozze e rozze.
Da questi brevi assunti ha inizio l’opera della Morante, un titolo che rappresenta certamente un romanzo di formazione e che ci porta a riflettere su tante tematiche sottese che vanno dai legami familiari, all’affetto genitoriale, alla perdita della madre, all’assenza di questa nella crescita individuale, alla figura femminile, all’amore, all'omosessualità, al dolore, alla disperazione, alla gelosia, all’abbandono, alla mitizzazione, al disincanto dell’eroe, alla libertà-isolamento dell’isola e al suo paradosso intrinseco (Arturo non può lasciarla, vi è segregato eppure al contempo in essa può girare ove desidera), all’amarezza della vita, al senso di giustizia (vedi il rapporto con i carcerati che alloggiano nel penitenziario ivi situato), al doppio sangue e tanto tanto altro ancora.
È un titolo che ha un inizio lento, farraginoso e non semplice da scavalcare perché la narrazione è alquanto prolissa, descrittiva e atta a delineare esclusivamente quella che è la vita del piccolo uomo nella solitudine della terra natia. La percezione è quella di non aver chiaro ove la Morante voglia arrivare. È soltanto con il sopraggiungere della figura femminile che le acque si smuovono e che viene alla luce il vero fulcro del componimento. Da questo momento, lo stile accelera, la vicenda entra nel suo vivo e si fa divorare. Pertanto, se deciderete di avvicinarvici, non fatevi scoraggiare perché superato questo scoglio iniziale vi troverete di fronte a un romanzo con cui meditare e intriso di emozioni e riflessioni sottese.
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