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SPETTA ALLA DONNA RIVENDICAR SE STESSA
“Amare e sacrificarsi e soccombere! Questo il destino suo e forse di tutte le donne? (...) tutto era vano, la gioia e il dolore, lo sforzo e la ribellione: unica nobiltà la rassegnazione”.
Scritto tra il 1901 e il 1904, “Una donna” è un’opera che definire autobiografica è riduttivo. È una analisi spietata dell’animo di una donna che scopre progressivamente la propria dignità sotto i colpi del dolore e della sofferenza.
Scritto in prima persona, l’opera presenta due fili che, prima lontani, si avvicinano profondamente e si intrecciano: la storia dell’autrice e quella di sua madre.
Un romanzo doloroso, scritto alla luce del disincanto del mondo e della consapevolezza della necessità di essere una donna libera dalle ipocrisie e dalle paure, una donna consapevole della propria dignità e della propria femminilità anche se sposa e madre.
Nelle prime pagine la Aleramo ricorda se stessa come una bambina amata e coccolata soprattutto dal padre, della madre ricorda la dolcezza e la remissività, e sin da allora avvertiva disarmonia nel matrimonio dei genitori :
“Cogli occhi meno ansiosi, distinguo anche ne’miei primissimi anni qualche ombra vaga e sento che già da bimba non dovetti mai credermi di essere interamente felice”.
Dal ricordo dell’infanzia all’arida vita coniugale con l’uomo che l’aveva sedotta quindicenne, dal quale avrà un bambino, il libro è un susseguirsi di pensieri, di pochi avvenimenti importanti nella sua giovane vita: la sua frigidità negli abbracci del marito, il non sentirsi amata e compresa, il tentativo di suicidio e poi primi scritti, le prime collaborazioni con riviste femminili, la gelosia del marito, i pochi intimi amici.
Fa impressione leggere i lucidi ed aspri giudizi sul matrimonio “un feticcio a cui si sacrificano le creature umane” e pensare che vengono dalla coscienza di una ventenne!
“Dicevo che quasi tutti i poeti nostri hanno finora cantato una donna ideale, Beatrice è un simbolo e Laura un geroglifico, e che se qualche donna ottenne il canto dei poeti nostri è quella ch’essi non potettero avere: quella ch’ebbero e che diede loro dei figli non fu neanche da essi nominata. Perché continuare ora a contemplar in versi una donna metafisica e praticare in prosa con una fantesca anche se avuta in matrimonio legittimo? (...) Un’altra contraddizione, tutta italiana, era il sentimento quasi mistico che gli uomini hanno verso la propria madre, mentre così poco stimano le altre donne”.
“Spetta alla donna rivendicar se stessa” e liberarsi dall’atavica schiavitù maschile. Un libro che contiene anche i primi fermenti femministi. Purtroppo la mia edizione (Aliberti) non è ben curata, non ho trovato indicazioni sui luoghi e sulle persone che hanno influito sulla nostra scrittrice (Saffi, la Negri) ed ho trovato moltissimi refusi.
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