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Parole semplici, parole del cuore
La vita non è solo andare avanti, schiacciare il piede sull’acceleratore e bruciare le tappe alla scoperta del futuro. A volte, si sente il bisogno di invertire la marcia e volgere lo sguardo indietro, per inseguire nei ricordi le tracce di ciò che ci ha reso quel che siamo. Prima di tutto, la famiglia.
A farci da guida in questo viaggio nella memoria familiare non possono che essere, per una scrittrice, le parole. Non le frasi stampate nei documenti, le promesse matrimoniali o i litigi memorabili, perché, ad ascoltarla col cuore, si scopre che la voce dei ricordi parla spesso un linguaggio di semplicità e quotidianità. È un vocabolario di espressioni banali, dialettali, addirittura inventate, che abbiamo sentito e ripetuto infinite volte, espressioni che magari un tempo ci facevano arrabbiare o storcere il naso, e che ora ci fanno sorridere e commuovere.
Sono le esplosioni colleriche e i rimbrotti del severo papà Beppino “Non fate sbrodeghezzi! Non fate potacci!”. È la voce lieta e benevola di mamma Lidia “Com'è brava l'Adele! Com'è carino Mario quand'è buono!”. Sono le canzoni canticchiate, gli aneddoti di parenti lontani raccontati mille volte, le battute senza importanza che ci hanno fatto ridere insieme.
Le parole diventano la chiave per aprire un baule ove si preservano integri, salvati dalla corrosione del tempo, i legami e gli affetti familiari, protetti da una carta velina profumata di tenerezza. Attraverso le parole, Natalia Ginzburg apre il baule della propria infanzia e giovinezza, lasciando che frammenti di memoria fluiscano, liberi e spontanei, riportando alla luce piccole schegge di vita, momenti di storia italiana o un volto che ha percorso un tratto di strada con noi. Anche se, in questo caso, sono spesso volti del calibro di Turati, Olivetti, Pavese, Einaudi, a impreziosire le pagine.
Lo stile è molto semplice, addirittura disadorno, ma è una semplicità colma di sentimento. Non si può evitare di affezionarsi alle irresistibili sfuriate di Beppino e ai piccoli battibecchi di casa Levi, forse perché in quella gamma di parole buffe, aneddoti sciocchi e piccole abitudini, riverbera l’affetto dei nostri stessi ricordi, diversi e lontani ma fatti della stessa materia: parole semplici, parole del cuore. Si legge e si sorride, lasciando che la memoria ci riconcili con noi stessi e col mondo.
“Una di quelle frasi o parole, ci farebbe riconoscere l'uno con l'altro, noi fratelli, nel buio di una grotta, fra milioni di persone. [...] Nei punti più diversi della terra, quando uno di noi dirà - Egregio signor Lipman -, subito risuonerà al nostro orecchio la voce impaziente di mio padre: - Finitela con questa storia! l'ho sentita già tante di quelle volte!”
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Fede
Ho imparato a conoscere l'autrice anche attraverso la recente biografia "La corsara ...." . Quante cose ho scoperto! Non sapevo, infatti, fosse la nipote di Montale...
Se lo leggerai, fammi sapere come va!
Manu
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