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La voce delle carte
Italo Calvino pubblicò questa opera nel 1969, è un romanzo fantastico definito di “letteratura combinatoria”. Alla base di questa classificazione sta il fatto che al suo interno si possano trovare combinazioni di immagini e parole. Infatti, Calvino, sfruttò i tarocchi per la composizione dei diversi racconti, aggiungendone le immagini relative. Abbiamo così un romanzo illustrato, ma ben diverso dal solito, più complesso. La difficoltà nell’interpretare i tarocchi fu riscontrata, in prima battuta, soprattutto da Calvino in persona, che rischiò di lasciare la sua opera incompiuta. Esiste anche un secondo racconto, “La taverna dei destini incrociati” ed inizialmente ne era stato concepito addirittura un terzo, “il motel dei destini incrociati”. Purtroppo Calvino perse di interesse per la tecnica narrativa ed il terzo romanzo non fu mai scritto.
Breve accenno sulla trama: alcuni viandanti, durante il loro viaggio, attraversano un bosco ed entrano in un castello. Qui perdono tutti la voce, ma non la voglia di narrare le loro storie. L’oste mette a disposizione degli ospiti un mazzo di carte di tarocchi, essi sfrutteranno il potere narrativo ed i significati mutevoli delle carte per poter parlare di loro e delle vicende che li hanno portati lì. Apparentemente sembrano tutti estranei fra loro, ma in ogni storia ci sarà un elemento in comune con qualcuno dei commensali che non si farà sfuggire l’occasione di dare voce alla sua storia. Uno dei viandanti è Calvino stesso che ci fa da interprete delle carte, offrirà spunti e riflessioni.
Questo è forse uno dei libri più particolari che io abbia letto. Ringrazio Calvino per aver separato i racconti di ogni personaggio in diversi capitoli, altrimenti non ci avrei capito nulla. Durante la lettura ci si sente catapultati nel passato medievale nella quale è ambientato il romanzo, si percepiscono i suoni, si immaginano i volti. Chissà perché i protagonisti debbano per forza perdere la voce per usare come mezzo di comunicazione le carte… Sicuramente è un espediente geniale, perché nemmeno nella fantasia avrebbe senso parlare con le figure quando si ha il dono della parola. Quindi ci ritroviamo a dare un senso a figure che potrebbero non appartenere nemmeno alla nostra cultura e i diversi protagonisti in questo ci somigliano. Molti usano le carte per quello che semplicemente rappresentano, altri ne sfruttano il significato simbolico più o meno riconosciuto. Le storie poi, sono pazzesche. Intrighi, amori e passioni, tradimenti e magia, battaglie e tormenti, sembrano cose inenarrabili attraverso figure, semplici o complesse che siano, invece ecco delineate storie che si intrecciano, si perdono e si ritrovano. Calvino deve esserci veramente diventato matto per dare un senso logico alle innumerevoli combinazioni ottenibili con le carte! Sono veramente incrociati i destini dei viandanti, anche quando una storia pare del tutto conclusa, ecco che ne riparte subito un’altra, prendendo spunto da un avvenimento o un personaggio citato dal narratore precedente. La cosa più bella, è che ogni protagonista riconosce se stesso in una carta in particolare, oppure si può dire che siano le carte a somigliare al protagonista. La prima carta, per tutti, è quella che li rappresenta, sia esteticamente che simbolicamente. Funge praticamente da carta d’identità, ogni viandante si presenta con essa e inizia a raccontare la sua storia.
Al solito, lo stile narrativo di Calvino mi fa apprezzare tutto della lettura delle sue opere, nonostante non sia stata sempre semplice per questo romanzo. Parole desuete, periodi lunghi che ricordavano molto un flusso di coscienza, sono alcune codine che mi hanno un po’ rallentato. Ad ogni modo, l’ho trovato comunque piacevole e intrigante, facilmente gestibile. Lo consiglio, infatti, a chi è abituato a leggersi un capitoletto alla volta: ogni personaggio ha il suo, che si conclude al terminare della sua storia personale, alcuni sono più lunghi di altri, ma in media sono piuttosto brevi.
Mi pare ovvio che io consigli questo romanzo, anche solo per la curiosa esperienza visiva del leggere e ricercare, nei tarocchi disegnati, dettagli e significati nascosti.
Concludo citando un piccolo pezzettino che mi ha fatto ridere, lo trovate nel capitolo “Storia dell’Orlando pazzo per amore”:
“La verità si fece largo nella mente d’Orlando: nell’umido fondo del bosco femminile c’è un tempio di Eros dove contano altri valori da quelli che decide la sua Durlindana."