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La natura è innocente
 
La natura è innocente 2020-04-12 17:45:04 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    12 Aprile, 2020
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Filippo, Ruggero, Walter.

Nel 1983 la famiglia Addamo è composta da quattro persone: il padre Paolo venticinquenne, camionista trasportatore, la madre Rosa ventunenne casalinga, la piccola Eleonora di cinque anni e Filippo Addamo, di tre, nonché il primo protagonista di questa prima storia narrata da Walter Siti. Filippo è un bambino coccolato dalla madre anche un po’ viziato, se vogliamo. È un giovane che studia fino alle scuole medie, che vede nascere altri fratelli e sorelle e che decide di smetterla con quella perdita di tempo che è lo studiare perché i soldi sono più importanti e redditizi. E così dopo una licenza media senza infamia e senza lode comincia con i primi lavoretti al bar, comincia con le prime sigarette, le prime sbagliate compagnie, le prime visite alle “buttane”, le prime sniffate di coca. Dal lavoro al bar passa al lavoro al mercato, alle serate in discoteca e a piccoli reati che lo vedono sempre più parte di traffici loschi e sempre più vicini ad organizzazioni criminali. Non arriva ancora ai sedici anni eppure il suo percorso è già quello di un uomo vissuto e sotto certi aspetti bruciato. Il rapporto con la madre resta morboso, un cordone ombelicale che non viene mai tagliato davvero e che lo porta a non tollerare un gesto di lei. Un tradimento che merita una punizione, una punizione che arriva senza ammissione di sconti di pena anche se i suoi genitori sono ormai separati: la morte. Filippo, quasi vent’enne, la uccide e viene condannato. È un matricida e quel marchio non lo abbandonerà mai, nemmeno dopo la condanna definitiva e la conseguente detenzione carceraria.
Suo coprotagonista è Ruggero Freddi, l’arrampicatore sessuale. Colui che proviene da una famiglia, al contrario, facoltosa ma che vuole di più e per raggiungere quel qualcosa in più è disposto a tutto. La strada che sceglie lo conduce a dover prendere decisioni drastiche, quali il trasferirsi prima in Canada e poi a New York ed anche ad interrogarsi sul se prostituirsi o meno. Diventa uno dei pornoattori omosessuali più noti e conosciuti.

«Gli uomini hanno sempre tenuto di fronte alla Natura un atteggiamento duplice: da una parte la considerano il ventre da cui sono nati (Madre Natura, atavica e provvidenziale nutritrice con cibi bio) e quindi la loro giustificatrice suprema, dall’altra la combattono come una nemica (la Natura Selvaggia) che dev’essere contenuta e domata mediante la cultura. Il rapporto tra i due atteggiamenti è mutato a seconda dei luoghi e dei tempi Nei tempi (e nei luoghi) in cui la Natura prevaleva con l’esuberanza delle foreste, la vastità dei fiumi, l’inaccessibilità dei monti, gli uomini si confondevano per resisterle e la cultura era una forma di solidarietà difensiva. Man mano che la Natura è stata sconfitta dalla tecnica, fiore supremo della cultura inventata dagli uomini, ed è sembrato che nella guerra ingaggiata dagli uomini contro la Natura fosse quest’ultima a uscirne perdente e schiava, gli uomini hanno cominciato a trattarla sottogamba, a sentirsi trionfatori, a inorgoglirsi della cultura che li aveva trasformati nei re della Terra. La cultura è diventata una bandiera d’aggressione, uno stendardo competitivo per le élite, una lotta a chi poteva vantare i think tank più integrati e gli ordigni più performanti. Ma il difetto della cultura è che inevitabilmente si degrada diffondendosi dalle élite alle masse, e soprattutto che non può essere trasmessa come patrimonio genetico.» pp. 166-167

Due volti molto diversi sono quelli narrati in questa doppia storia e doppia biografia (perché di questo si parla, i fatti narrati attengono a circostanze davvero accadute e rendicontate direttamente dai due interpreti delle vicende) ma tra loro molto vicini. Seppur l’uno proveniente da una famiglia economicamente più debole e culturalmente radicata e l’altro proveniente da un ceto sociale più alto, entrambi gli uomini sono accomunati da un desiderio di fama e successo ma anche dal desiderio di divorare la propria vita, di avere un riscatto, di giungere a un dove e un perché. Sono altresì i volti di un tempo scomparso, sono due voci di un tempo passato, di un secolo concluso e rarefatto nella memoria di alcuni, sconosciuto nella mente di altri, che ha lasciato il posto a un secolo fatto di telecomunicazioni, social network, guerre polverizzate, etc per portarci ad una nuova freddezza naturale nei confronti della realtà circostante a discapito di empatia e sensibilità. E anche la scelta delle due storie da narrare non è stata casuale. Perché se da un lato è vero che queste sono capitate tra le mani di Siti quasi per caso e su richiesta di una narrazione da parte dei primi attori è anche vero che il narratore ha deciso di dargli sostanza e forma in questo romanzo per un motivo ben preciso che viene spiegato nella parte conclusiva dell’opera e che non vi anticipo per ovvie ragioni.
La narrazione procede alternando i due fatti e riportandoli con quanta più fedeltà e giusto artifizio narrativo possibile. È un testo che solletica la curiosità del lettore ma che sa essere anche molto provocatorio per le riflessioni sottese che solleva nonché per le problematiche inerenti che possono essere più o meno apprezzate e che riguardano prevalentemente l’uomo degli anni duemila. Il risultato è quello di un elaborato che scuote, che si propone come una fotografia di una fase storica e di una società culturale in continua evoluzione con tutte le sue criticità e le sue crepe.
Un libro che non arriva subito e che si articola su molteplici domande che vengono alle mente durante la lettura e che trovano risposta, in alcuni casi parziale, soltanto nella sua conclusione. Adatto a chi ama biografie e temi di attualità su cui meditare.

«Forse perché la vita cominci davvero, serve un fatto esterno che la invada e la inquini come il casuale granello di sabbia invade il cuore dell’ostrica – ogni giorno ovviamente si reagisce a fatti esterni, ma di solito li si incamera nella bolla che ci siamo costruiti e che siamo avvezzi a considerare il nostro “io”. A un istante decisivo, invece, uno di questi fatti lievita, diventa sproporzionato rispetto al resto; quel fatto anomalo e mutante, nella maggior parte dei casi, contiene un’azione che abbiamo contemporaneamente voluto e disvoluto: proprio per questa sua natura ibrida noi permettiamo che percorra senza ostacoli un buon tratto di quella strada che esisteva dentro di noi e che non conoscevamo»

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Lettura consigliata
  • no
Consigliato a chi ha letto...
Sì: per gli amanti delle biografie e delle storie attuali che sanno far riflettere;
No: a chi non ama il genere.
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Commenti

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20 Giugno, 2020
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Salve,
Sono Quel Ruggero Freddi. ho una domanda per voi, avete letto il libro o almeno un suo riassunto? il primo capitolo riassume che i miei sono divorziati, mio padre è in galera e in casa non gira una lira... da dove tirate fuori che la mia è una famiglia facoltosa? il vostro pressappochismo è spaventoso.
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