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Il colibrì
 
Il colibrì 2020-04-08 21:25:32 68
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68 Opinione inserita da 68    08 Aprile, 2020
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Passato inquietante, presente incerto, quale futur


Una storia dalle molte altre storie ha inizio in un giornata di ottobre del 1999, a Roma, poche parole...” mi dispiace dirglielo, dottor Carrera, ma il suo matrimonio è finito da un pezzo “...
È la storia di Marco Carrera, il colibrì, piccolo, aggraziato, da sempre fermo nello stesso luogo mentre gli avvenimenti gli piombano addosso, una vita indubbiamente fatta di sofferenza e di una indecifrabile resilienza.
Pare la fine e l’ inizio di un flusso di coscienza affannoso ed ansiogeno che stenta a ricomporre i cocci di una vita contorta, imbevuta di un ambiente borghese egocentrico, indifferente ed autocelebrativo, anaffettivo , imbrattato di psicanalisi e di insensatezza.
Una vita a lungo implosa, poi esplosa, costruita su carriera e solidità economica, in cui non ci si è accorti di nulla, di due genitori che non si sono mai amati, della indicibile sofferenza di una sorella, del proprio immobilismo silente e delle colpe indebitamente attribuite al fratello Giacomo, di un amore a distanza più volte perso e ritrovato, imbrattato di un ideale giovanile, di desiderio o semplicemente di gelosia, di un matrimonio ( il proprio), costruito sulla menzogna con strascichi di sofferenza, dell’ amore di una figlia prematuramente scomparsa, di tradimenti o presunti tali, di amicizie devianti e pericolose, di viaggi tortuosi, di tutto quello che non è stato.
Ecco la rappresentazione di sessant’anni anni di vita, si direbbe, l’ inseguimento di un senso all’ interno di una catastrofe annunciata, uno status quo che pare irrimediabile, indirizzato dal caso, dalla famiglia, dalla propria noncuranza.
Ormai, tra lettere, tracce significative, sedute di psicanalisi, delusioni, distacchi, lutti, partenze definitive, non resta che una ricerca per legittimare la propria vita e permettere a Marco, riconosciuto ed estirpato il passato, di vedere il futuro e di acquisire un senso.
Il futuro ha un volto preciso, è un condensato di passato e presente, è Miraijin ( in giapponese uomo del futuro ), sua nipote, superstite a lui affidata, che ha ereditato le esperienze del passato sintetizzandole in un futuro radioso, concentrato di grazia esteriore e bellezza interiore, di forza e perseveranza, di umanità e concretezza, filosofica presenza.
Da sempre Marco ha impersonato il colibrì, perlomeno così definito da altri, concentrando la propria energia nell’ immobilità e nel rimanere dove già e’, ma oggi non è più così.
Ora ha una missione da compiere, allevare l’ uomo nuovo, Miraijin, la sua vita uno scopo come tutte le dolorose vicissitudini che l’ hanno segnata, nulla gli e’ capitato per caso.
Il suo corpo, esploso così rapidamente, ha saltato l’ adolescenza dimostrando una plasticità ed una resilienza che in futuro l’ avrebbero aiutato a sopravvivere.
Marco ha trattenuto un piccolo mondo fragile che senza di lui si sarebbe dissolto, una vita che ha sempre continuato a stare ferma per anni mentre quelle degli altri andavano avanti, per essere improvvisamente sbalzata da un evento eccezionale in un altrove nuovo e sconosciuto.
Tutto, all’ improvviso, diventa chiaro, il dolore ha forgiato il nuovo mondo, i ricordi, il passato, il futuro, e lei, Miraijin, il nuovo, cui affidarsi ed abbandonarsi per sempre, liberato da una sofferenza fisica e morale.
Il romanzo di Sandro Veronesi è un turbine vorticoso di accadimenti, emozioni, sensazioni, citazioni letterarie e musicali, il protagonista un sopravvissuto ad un mondo borghese catastrofico e catastrofista paralizzato da paura, snobismo, cattiveria, vizio, noia, malattie incurabili, disgrazie, giuoco d’azzardo, incanalato in un inevitabile giogo psicoanalitico prevalentemente al femminile che impregna pagine e pagine e coinvolge tutti i protagonisti, chi più e chi meno, terrorizzando il lettore con le ripetute comparse del dottor Carradori, psicologo onnisciente che ha lasciato la professione e da un destino particolarmente iellato e sconfortante che parrebbe condurre all’ autodistruzione.
Ecco però una luce in fondo al tunnel, Miraijin, l’ uomo nuovo, creatura fantascientifica, un po’ Manga, onnicomprensiva, bellissima, una carta assorbente con poteri extrasensoriali, a dissolvere il catastrofismo imperante indirizzando la vita ad un futuro di speranza, radioso, profondamente umano, ribaltando e contravvenendo le innumerevoli storie e spezzoni di storie narrate, e ponendo il lettore di fronte ad un oggettivo dubbio: quale il senso?

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Commenti

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La parte dell'uomo nuovo e il finale secondo me hanno rovinato il libro. Tanto buonismo.che non concepisco, nonostante l'autore scriva in maniera eccezionale, non merita di vincere lo Strega, di nuovo
Gianni, come sempre è interessante quanto scrivi.
Diffido di questo autore e il libro recensito, l'ho scartato fin dalla sua comparsa editoriale. Penso di non aver perso molto.
In risposta ad un precedente commento
68
10 Aprile, 2020
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Ciao Emilio, dell’ autore avevo letto “ Caos calmo “, questo romanzo non mi è piaciuto, molto sopravvalutato, tanta apparenza e poca sostanza, un insieme caotico con scarso valore letterario
In risposta ad un precedente commento
68
10 Aprile, 2020
Segnala questo commento ad un moderatore
Sì Marianna, un finale piuttosto buonista e fuori luogo, che va a compensare una storia che mi è parsa con poche luci e molte ombre....
Di Veronesi avevo letto XY trovandolo piuttosto noioso e inverosimile, forzato e con un finale in cui un punto di domanda avrebbe riassunto perfettamente il senso...
Questo me lo avevano decantato come un capolavoro...vabbè...l'autore scrive bene? mah... non è mai noioso però tra la colossale catena di sfighe non sono riuscito nè a provare empatia nè ad appassionarmi quindi qualche domanda me la faccio. Al solito finale tremendo nel senso di assurdo , fantasioso, surreale (nel senso negativo del termine), buonismo a piene mani ....mi sa che Veronesi non fa per me....
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