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Una bella favola (anche per grandi)
Loriano Macchiavelli, narratore poliedrico (una vastissima produzione, anche in collaborazione con Francesco Guccini), e la figlia Sabina (insegnante di scrittura creativa e di lingue straniere) hanno proprio costruito una bella favola, e non solo per bambini. “La bambina del lago” (già il titolo è molto suggestivo) ha infatti tutti gli ingredienti di una fiaba: il paesaggio, i personaggi (animali compresi), le vicende, la struttura della trama narrativa, tutto trasporta il lettore in un mondo quasi ai confini della realtà, dove l’immaginazione e la fantasia lo conducono per mano, obbligandolo a seguire percorsi dove ricordi del passato e nostalgia si confondono e fanno riflettere. La storia è semplice. Il dottor Astorre, medico, e la figlia Aladina lasciano Bologna e si trasferiscono nel paese di nascita della mamma, morta da anni, sui monti dell’Appennino tosco-emiliano. Qui il dottore apre il suo ambulatorio. Siamo negli anni ’30, stagione estiva: la piccola, ormai decenne, stenta ad ambientarsi, pur coccolata dalla brava Cleonice, già al servizio della madre Gialdiffa, che le fa da tutrice e cerca di metterla a suo agio in un nuovo mondo, quello povero e contadino, dove la vita scorre sempre uguale, tra i riti dei lavori campestri e le chiacchiere in osteria. Tanti e ben caratterizzati sono i personaggi: Gufo, un ragazzino scontroso e ribelle, che vive mimetizzandosi tra i cespugli e vede misteriosamente al buio, sua madre Verginia (con la “e”, come s’usa ancor oggi in certi dialetti), il Professore, di provenienza ignota, immerso tra i libri della sua vastissima biblioteca, Drago e la sua banda di giovani scapestrati, Libertario Chiaramonti, il podestà del paese, ex socialista, i capi fascisti del posto, Panzagrassa e Zagolin, comicamente descritti nei loro comportamenti autoritari (saluto romano compreso), Barbazza, un gigantesco omone, che incute timore e vive nel Palazzaccio, sede un tempo dei Signori del posto… L’ambiente è da cartolina: ci sono la casa colonica dove dimora Aladina, l’osteria del paese, il piccolo santuario di San Cigolino, il già citato Palazzaccio, tetro e pieno di misteri, un bel lago, formatosi in seguito alla costruzione di una diga, sul cui fondo si intravvede il vecchio paese sommerso, e poi prati, grotte, monti, insomma un insieme che a poco a poco conquista la timida Aladina che, guidata dal suo nuovo amico Gufo, sembra apprezzare questa nuova vita fatta di impreviste conoscenze e divertenti scoperte. Tra queste, strani animali da fiaba: il ghiro Codanera, la gallina Cococo e il liguarro, uno strano tipo di ramarro che si confonde con l’erba dei prati, nuota e perfino si libra nel cielo... Ma Adelina e Gufo hanno anche strani poteri: se Gufo vede al buio, Adelina sente campane suonare e per di più vive esperienze del passato, turbando il padre che non si capacita e chiede lumi al coltissimo Professore. Ma Adelina, così sentenzia il vecchio saggio, non è bugiarda né folle: ha solo tanta fantasia e immaginazione, sogna ad occhi aperti, ha insomma un “cuore puro”, ancora immune da condizionamenti e pregiudizi.
Il racconto, i cui titoli dei capitoli sono descrittivi, come nelle Avventure di Pinocchio o in certi romanzi inglesi dell’Ottocento, ha uno stile arioso, semplice, con molti termini dialettali: potrebbe essere adatto alla lettura anche in una scuola primaria. Ma, come dicevo all’inizio, anche gli adulti possono trovare spunti di riflessione: sui sogni dei più piccoli, sulle meraviglie dell’immaginazione, sul significato di cosa voglia dire avere un “cuore puro” e riuscire a “sentire” e “vedere” cose che alla maggior parte degli adulti non è più possibile sentire né vedere. Suggestivo in tal senso il finale, quando l’illustre Professore invita i bambini a non permettere mai a nessuno di costringerli sul mostruoso letto del mitologico Procuste: vale a dire, fuggite chi vorrà indurvi ad un unico modo di pensare e comportarsi, soffocando la vostra libertà di pensiero e di comportamento.
Dimenticavo: nel romanzo sono anche citate una visita di Guglielmo Marconi al paese, per uno straordinario esperimento scientifico, ed una capatina, in tempi remoti e di passaggio, nientemeno che di Giotto, testimoniata da un reperto ben nascosto nel piccolo santuario.
Buona lettura ed una raccomandazione: lasciatevi trasportare dai ritmi e dalla fantasia di una bella favola!