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Ami
«I mesi che sono venuti dopo che Majid è scappato sono stati i più brutti. Passavo le notti a piangere. Pensavo alla mia mamma, a quando ero scappata io. E certe notti mi sembrava di essere lei che piangeva per me e non io che piangevo per Majid. Non dormivo. Cioè dormivo, ma poco e continuando a pensare anche quando sognavo. Mi svegliavo spaventata, con la paura di una brutta notizia. Invece non succedeva niente.»
Quello proposto da Edoardo Erba è un elaborato molto forte, un testo caratterizzato da una protagonista che non manca di entrare nel cuore dei lettori con la sua umanità e la sua ingenuità.
Amina, detta Ami, ha soltanto quattordici anni quando s’innamora di lui. Lui che ha la macchina con i sedili belli, lui che è un ragazzo ricco e piacente, lui che le fa le carezze e le dice che ha delle belle guance rosse, lui di cui non conosce mai il nome. È sicura del suo amore, già vede davanti a sé un roseo futuro. E così decide di scappare, in una notte come tante ma come mai nessuna altra. La conduce in un casotto dove la prende e riprende e dove la lascia e lei dove viene accudita da un altro uomo con un dente solo che non manca di richiuderla nelle sue stanze quando il ventunenne, appagato nei suoi bisogni fisici, se ne va. Ma poi lei scopre di essere incinta. E cosa te ne fai di una zania che ha fatto ighalta? Non è altro che una macchia per la famiglia e per la reputazione, te ne devi liberare, sbarazzare. Ed è questo che fa. Con la falsa scusa di sposarla la conduce a Tinghir, luogo per le cui stradine si ritroverà da sola.
È giovane, Ami. È ingenua, è un fiore che sta sbocciando e di cui la vita si è già approfittato. Nasce tra le montagne Majid sotto la tenda di due pastori a cui è stata venduta e ancora torna in città per poi ripartire e riscoprirsi entraîneuse a Casablanca, ancora contrabbandiera a Melilla, bevitrice nonché clandestina per le strade polverose del Marocco. Riesce anche a raggiungere l’Europa, Ami. Riesce ad arrivare in Italia dove nuovamente cade, dove nuovamente si rialza.
«E io ho pensato che forse quando c’era la storia, quando arriva la storia, tutti si volevano più bene. Ma non perché si innamoravano o cose del genere. Era solo perché la storia quando arriva è come un mostro e fa paura.»
Completamente narrato in prima persona, con una prosa fluida e uno stile narrativo che si immedesima perfettamente nei panni della protagonista, Edoardo Erba ci presenta una eroina forte e fragile al contempo, una donna che non si arrende, che si fa coraggio, che si rialza anche nei momenti più bui. Pagina dopo pagina Ami cresce in perfetta linearità con le vicende proposte. Tante le tematiche trattate che vanno dall’immigrazione, alla discriminazione tra sessi, alla religione, alla paura del diverso, alla maturazione, alla speranza, alla possibilità di un riscatto. Unica pecca che ho riscontrato all’interno dell’opera è forse un’eccessiva dimensione fiabesca. In alcuni tratti, infatti, il componimento sembra essere poco reale e concreto, prende quasi una piega che rischia di collidere con quanto precedentemente narrato. Ciò soprattutto tra parte centrale ed epilogo.
Conosciamo una giovane ragazza, la riscopriamo una donna matura e forte. Una donna che supera i confini e crede nel domani.
«E lui mi ha detto capita e mi ha fatto una carezza. E lì ho capito perché era diventato primario, perché certe persone hanno qualcosa di speciale, che non si vede sempre, però certe volte c’è ed è per questo che loro diventano primarie e le altre restano secondarie.»
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