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Più alto del mare
 
Più alto del mare 2020-03-12 11:16:01 patrizia torrigiani
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
Opinione inserita da patrizia torrigiani    12 Marzo, 2020

commento

Il romanzo è AMARO, questo è l’aggettivo che mi sale per primo e predomina sugli altri. Perfino la Sardegna è amara in questo contesto, tanta bellezza per tanto dolore…
Amaro perché un padre che, come il mio, predicava ai suoi figli il rifiuto del sistema, la fine della famiglia, l’uccisione del padre, testuale, figli i quali ognuno a suo modo hanno al loro tempo contestato il sistema, si ritrova con un figlio brigatista e assassino, che ha assorbito e portato alle estreme conseguenze i suoi insegnamenti, e che come un alieno profferisce parole irricevibili.
Il DOLORE di questo padre emana dalle pagine del romanzo, come emanava, in misura ben minore, dal petto del mio di padre quando nel ‘77 mio fratello andava in piazza e la sera non tornava mai a casa e non si sapeva dove e con chi stesse passando il suo tempo. Il dolore di quel padre è acuito dalla perdita della moglie di crepacuore e lui si aggira per i luoghi del mondo quasi senza vederlo il mondo, con una sola immagine negli occhi e nel cuore quella del figlio assassino convinto. E infatti lo insegue nei suoi pellegrinaggi carcerari, perché a un figlio gli vuoi bene anche se è brigatista (lo diceva mio padre ancora una volta).
Amaro perché una moglie sottomessa e prevaricata, con un marito pluriassassino che è un onest’uomo, si aggira anche lei per i luoghi del mondo senza vederlo e con la sensazione, quasi una consapevolezza, e di sicuro un sollievo che è un bene che suo marito sia in galera e non in casa a fare danno o nel suo letto. Una brava donna, contadina, semplice, saggia, madre di un numero di figli che l’aiutano nel lavoro dei campi per tirare avanti. Anche lei è un coacervo di dolore perché la sua vita è sbagliata, storta, e lei non ha una colpa al mondo se non quella di aver sposato un violento.
Le due anime si incontrano e mescolano il loro dolore, altra parola ricorrente, e si consolano come possono nelle frange del tempo che devono loro malgrado condividere perché c’è tempesta, maestrale, un vento maestoso e impetuoso che fa paura a chi è in mare ma che apre i polmoni a chi è a terra, una giornata di maestrale in Sardegna, col cielo azzurro, è uno spettacolo della natura… ma loro non lo vedono, è tutto filtrato da quel loro indicibile dolore.
C’è anche la figura del secondino, giovane ragazzo, in galera anche lui, in un paradiso terrestre com’è l’Asinara. Lui che verrà inesorabilmente contaminato dalla violenza dei detenuti e della vita carceraria.
L’isola ha un ruolo molto importante nel romanzo, da essa emanano i profumi intensi della macchia mediterranea, i colori del mare calmo, turchese fino all’impossibile, e quelli del mare in tempesta plumbeo e spaventoso nella sua forza irrefrenabile. E qui il contrasto tra il suddetto paradiso e le miserie umane si fa fortissimo e quasi ti domandi come possano convivere e perché mai su quell’isola paradisiaca ci sia un carcere duro (per fortuna non c’è più e io l’ho potuta visitare!!). Questo è un aspetto che mi ha molto colpito, vado in Sardegna quasi ogni anno e il contrasto con il contenuto del romanzo è stridente.
Una bella storia dunque, che parla di vita vissuta come piace a me, scrittura semplice certo, ma non è un pregio? Dire cose importanti con una scrittura semplice (non sono io quella che può giudicare la scrittura, a me Thomas Mann fa venire sonno…)? La scrittrice si è ben documentata direi, come confermano gli altri suoi libri, e ne emerge infatti un quadro molto convincente di uno scorcio di storia recente in cui molte certezze vacillarono, mi ricordo, avevo 25 anni, ero giovane e non mi sentivo più sicura in quel mondo in cui, quelli in cui credevo, quelli della sinistra radicale, deragliarono spaventosamente dai binari, e tutti dovemmo rivedere le nostre posizioni e convincerci di certi racconti a cui non volevamo credere.
La prigione, anche all’Asinara, è dura, piena di spigoli, gente durissima da un lato e dall’altro, molta gentaglia, quasi tutta. Certo hanno diritto alla possibilità di una redenzione ma la maggior parte di loro è gentaglia che appena esce torna a delinquere e dunque come può non essere dura la prigione? Certo i diritti umani vanno rispettati, ma avete visto cos’è successo col covid? Tutte le carceri in rivolta a partire da quello di Modena dove c’è un boss della mafia del Gargano, e dice Emiliano, che hanno organizzato tutto per farlo evadere.
Tuttavia nel romanzo non c’è atteggiamento ‘radicale’ verso i detenuti, non sono poverini, ma sono assassini e uccidere qualcuno è per sempre, se uccidi una volta puoi uccidere ancora, non ho molta compassione per costoro.

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