Dettagli Recensione
Un anno di vita
È il 1982 quando Tondelli pubblica "Pao Pao", appena due anni dopo l’uscita di “Altri libertini”, pressato dall’editore Feltrinelli e stupito egli stesso dal suo inaspettato successo; dunque Pao Pao è un romanzo scritto in fretta e proprio per questo sconta più di qualche criticità. Innanzitutto si fatica a capire dove Tondelli vuole arrivare: in questo memoriale dell’anno di servizio militare, rito di passaggio ammantato da brividi paurosi ma anche da risa improvvise, il centro della narrazione fluttua in continuazione senza mai mettere a fuoco un problema. Ora è la caserma, con le sue leggi e la sua violenza, le sue raccomandazioni e le sue prevaricazioni, ora è la vita con i compagni, tanti e sfuggenti, tutti alti e slanciati, tra feste proibite, droghe e perenne fumo di canne. La scrittura di Tondelli è quasi eruttiva, nella su smania di dire e contrarre, descrivere e contingentare e allora, specie nella prima parte ambientata a Orvieto, il modulo espressivo è quello della lista, della ripetizione, dell’asindeto esasperato che lega lunghi periodi dilatati su intere pagine, a violare la punteggiatura, a concentrare la potenza semantica sempre esuberante nella sua polifonia e creatività. Eppure proprio per questo andamento vertiginoso e ondivago, il romanzo sembra smarrire la strada: non è né un’autobiografia, né un romanzo alla Kerouac, né un reportage sulla vita nell’esercito né ancora un romanzo sentimentale. "Pao Pao" è tutto questo, ma mai in pieno, con le sue variazioni fulminee e forse la sua indecisione. Tondelli impiega un buon quarto del testo, nelle successive scene romane, a ritrovare il bandolo della matassa e solo alla fine il lettore che raggiunga le ultime trenta o quaranta pagine del romanzo può finalmente trovare pace. E la trova quando Tondelli si costringe a fare quello che gli riesce meglio: aprire squarci d’ombra nell’interiorità dei suoi personaggi e scandagliarne gli struggimenti, l’amara malinconia, il disincanto, ma anche l’accettazione dolorosa di una vita che si rifiuta di essere irregimentata. Certo pure qui la forma, pur più piana, stona nel suo eccesso di giovanilismo, nel babelico subentrare e subitaneo scomparire di troppe comparse, ma lascia già intravedere quel lavoro di introspezione che dominerà le belle pagine di “Camere separate”.
E dunque "Pao Pao", col suo sentore esotico già dal titolo, col suo essere ibrido e scostante, segna un libro di livello un po’ inferiore rispetto agli altri dell’autore, ma nonostante questo si lascia leggere con un certo gusto, ancor più immagino per chi il servizio militare lo ha svolto e che dunque può ritrovarsi nel freddo pungente delle camerate, negli scherzi tra compagni, nella ricerca di mezzi più o meno leciti per un giorno di permesso. Più di tutto, però, di questo romanzo porto con me un riflesso biografico: le campagne di Orvieto che regalano al protagonista qualche momento di serenità e pace nello sconforto della vita militare, mi hanno ricordato i verdi crudi e brillanti e i marroni tenaci delle colline della mia amata e odiata Gubbio, con il labirinto claustrofobico delle sue stradine medievali inerpicate sul ventre della montagna; e ancora più sorprendentemente nel fiorire della vita militare a Roma ho ritrovato una sensazione precisa del mio passato, quando qualche anno fa, nella mia prima notte da solo nella capitale, ho sentito l’infinità libertà di poter essere chiunque nelle strade ampie e indifferenti, sorridenti e misteriose di una città tanto grande. E allora capisco che Pao Pao in fondo è sì la storia dell’anno di leva, ma più a fondo è semplicemente il ricordo di un anno di vita che passa, di una tremante tensione di metamorfosi.
Indicazioni utili
Autori della Beat Generation che Tondelli omaggia più volte (Kerouac, Ginsberg e Burroughs su tutti)
C. Bukowski
Commenti
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A me è rimasto, a posteriori, un ottimo ricordo: a 18 anni, non capivo le ragioni economiche ( di puro risparmio) che ci avevano portati lì, ora mi sono chiare, ahahaah. Mi son sempre ripromessa di tornarci.
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