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URCA, LA SIBERIA
Nicolai “Kolima” vive a Bender, nel quartiere Fiume Basso, capitale della Transinistria, una regione dell’ex URSS autoproclamatasi indipendente nel 1990; secondo la tradizione siberiana il codice d’onore è regolato da un’educazione criminale - l’educazione siberiana – finalizzata a formare i “criminali onesti”: un vero e proprio paradosso pensare ad una giustizia fondata sul delinquere pur tuttavia regolata da leggi basate sulla solidarietà, l’amicizia e altri valori profondamente radicati all’interno della comunità; l’intero organo di polizia è ritenuto un qualche cosa di immondo e dal quale mantenere dovute e obbligate distanze.
I figli dei criminali adulti frequentano la “scuola della strada” che li istruisce soprattutto alla violenza come prima risposta all’infrangersi di una o più regole della tradizione. I criminali anziani e ormai “a riposo” da ogni attività (pur mantenendo la situazione sotto controllo) inizializzano i giovanissimi all’uso delle armi, donando loro i così detti “ferri” secondo un rituale ben preciso, incentivandoli pertanto a farne buon uso qualora si presentasse l’occasione, come potrebbe essere uno scontro fra bande rivali per contendersi il territorio e per imporre il rispetto della propria disciplina anche a costo della propria vita.
Inoltre i ragazzi sono abituati fin dalla nascita alla venerazione delle icone ed alla cultura del tatuaggio, in quanto è la propria pelle che racconta la storia e il destino dell’individuo stesso attraverso gli antichi simboli raffiguranti le svariate caste che compongono questo tipo di società così distante, sia geograficamente che umanamente. Non esiste perdono né tolleranza per coloro che tradiscono la fiducia della comunità, chiunque si macchi di un simil peccato viene punito senza pietà alcuna.
All’interno di questo mondo chiuso, la cui tradizione assume una sacralità antica con le sue leggi che affondano nella notte dei tempi, qualcosa smuove la coscienza di Kolima, che inizia a maturare l’idea che possano esistere diverse alternative al modo di vivere che gli è stato impartito.
Per quanto questo romanzo abbia riscontrato all’epoca un successo planetario, ammetto di averlo terminato con sforzo: le descrizioni degli avvenimenti sono fin troppo esaustive ed appesantiscono la lettura, che oscilla fra il lento quasi soporifero per poi alzare il volume così al massimo da provocar fastidio. Probabilmente - anzi sicuramente - non è il genere di lettura che più mi si addice, tuttavia non mi sono risparmiata; nonostante questo non ho appagato le mie aspettative.
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La parte dove racconta del carcere minorile è piuttosto pesante.
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