Dettagli Recensione
Speranza
Yuj è una speaker radiofonica la cui vita è stata spezzata da quello tsunami all’interno del quale ha perso gli affetti più cari; madre e figlia. Takeshi è un medico che a sua volta si porta dietro il fardello di una perdita, quella della moglie. Entrambi, sopravvivono. Sopravvivono in questo mondo che li ha privati dei legami più forti, delle certezze, delle solidità, delle ragioni necessarie a vivere e ad andare avanti. Un giorno come un altro, durante la diretta della trasmissione radio, Yui scopre dell’esistenza di questa cabina del vento, una cabina posta in uno splendido giardino sito sul fianco scosceso di Kujira-yama. Come resistere al richiamo? Come non recarsi in visita presso quel luogo davvero esistente anche nella realtà e che forse potrebbe rappresentare una nuova possibilità, un nuovo inizio? Il viaggio è piuttosto lungo e nel suo cammino contempla le persone che trovano conforto in quell’alzare di una cornetta. Perché alla fine tutti abbiamo qualcuno con cui vorremmo entrare in connessione, qualcuno che non è più con noi ma che con noi è come se fosse sempre, qualcuno che ci ha lasciato fisicamente seppur con una ferita lacerante nel cuore.
Tuttavia, in questo primo viaggio, Yui non riesce. Non riesce ad alzarla, non riesce a mettersi in contatto con chi ha perduto. Forse perché non è ancora pronta ad andare avanti, forse semplicemente perché non è ancora giunto il momento. È in questo primo tentativo che incontra Takeshi, che scopre di quella figlia che ha smesso di parlare nel momento in cui la madre non ha più fatto ritorno a casa. L’uomo vorrebbe aiutarle entrambe, ma come? Sarà la cabina a riaccendere i motori, a rendere possibile la rinnovata partenza.
Quelle che sono racchiuse in queste pagine non sono però solo le storie dei due protagonisti, sono tante voci, tanti cori tra loro uniti da conseguenze diverse eppure tutte accomunate da questa grande voglia di ripartire.
Perché la cabina che destina queste parole al vento è sinonimo di speranza, è sinonimo di un ponte d’argilla tra chi parte e chi resta, tra chi c’è ancora e chi non c’è più. Perché la cabina è anche sinonimo di ritrovarsi.
Al tutto si somma una penna fluida, rapida, non particolarmente impegnativa, forse ancora un poco acerba essendo l’autrice molto giovane. Ad ogni modo una piacevolissima storia che scalda il cuore e che si fa divorare.