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La signora ed il brigante
“Ascolta chi ti vuol bene” le ripetono da sempre.
E lei fin da piccina e’ abituata ad ubbidire, destinata ad una vita da servetta nella casa dello zio possidente, auspicando di beneficiare della cospicua eredita’.
Un giorno tutto questo sarà tuo, le dice quel buon uomo del padre, mentre lei lascia scivolare le palpebre sui suoi grandi occhi placidi e bambina si addormenta nella culla di una morbida conca del pascolo sardo, per svegliarsi ormai trentenne. Adulta e ricca, ma sempre piu’ sola, pronta a sfidare le convenzioni ammaliata dal primo sguardo d’amore.
Signori e servi, briganti e pastori, la vicenda è piacevole ma riscontro un pregio particolare nella descrizione ambientale. E’ una regione arcaica, aspra e selvaggia quella in cui conduce Deledda e lo fa con lo stesso passo che una madre avrebbe nel raccontarci – satolla d’amore- il figlio neonato, vedendo ciò che noi non vedremmo.
Intensi sono i profumi della tanca, il rigido inverno che si accanisce sul bestiame stremato ed affamato, pane bianco pane nero e grandi grappoli di uva dorata, la ruvida e buia roccia delle grotte in cui si rintanano i banditi, cascate isolate e specchi d’acqua cristallina in cui la luna ama ammiccare prima dell’alba.
Sfumato da pennellate poetiche, l’entroterra sardo e’ narrato in un’infusione di grazia ed affezione, immobilità fuori dal tempo che mi ricorda l’approccio di Kawabata alle sue amate immagini giapponesi.
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Mi permetto di segnalarti "Quasi Grazia" di M. Fois , con protagonista la Deledda colta in tre momenti cruciali della sua vita. Secondo me, un libro bellissimo.