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Buio e oro
A chi può interessare la vita di un cretino?
Di sicuro, quella di Carmelo Hayez, ventinovenne cagliaritano, ribattezzato a torto o a ragione “Cretinhayez” dai suoi concittadini, attira subito l’attenzione di chi si appresta a leggerla.
L' ironia, che già dalle prime battute trasforma in farsa una serie di drammi, ne alleggerisce la portata e dà una marcia in più ad una prosa schietta ed efficace.
Quella di Carmelo è l’esistenza di un giovane depresso e sovrappeso, carico, si direbbe, di promesse non mantenute: calciatore fallito, eterno laureando, cinefilo con vaghe ambizioni di regista e sceneggiatore.
Tra echi kafkiani e camusiani (la sua stanza, gabbia-rifugio, la città invasa da topi, scarafaggi e virus intestinali), Hayez si muove in un ambiente familiare claustrofobico e condiscendente, costellato di buone intenzioni e miseri risultati. Una miseria, la sua, che pulsa di energia andata a male, di sensualità che degenera in dipendenza - dalla pornografia prima, dall’eroina poi - in balìa di “pensieri circolari” e di due amanti nevrotiche. Queste ultime, detentrici di verità crude e necessarie, saranno pietre miliari nella sua educazione sentimentale, mentre gli amici – figure maschili piuttosto ambigue, ma solide – aiuteranno Carmelo a rimettersi in piedi.
Seguire il percorso accidentato di un perdente è sempre in qualche modo catartico nella misura in cui il lettore simpatizza col personaggio: una volta toccato il fondo, accade a volte di scorgere una qualche possibilità di redenzione, screziature luminose che punteggiano il buio, imperscrutabili disegni che svelano un senso di profondità mai immaginato, all'insegna di un nuovo ordine spazio-temporale.
Come nella Via Lattea, o nei quadri di un pittore d’avanguardia, o nel Portoro, marmo scuro venato d'oro:
"Se il cielo degli uomini era iniziato nella notte fra i pianeti, il Portoro lo avrebbe raccontato, anche nel percorso a ritroso di chi muore: non lapide, ma finestra aperta".
Portoro è un romanzo a più strati, semplice e sofisticato per contenuti e linguaggio, come i personaggi che lo popolano.
Respingente in certi passaggi, ma mai volgare, decisamente romantico in altri, ma mai stucchevole, è uno spaccato di vita portata avanti alla meno peggio, che si finisce per osservare sospendendo ogni giudizio.
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