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Marco Carrera, un piccolo uccellino
Sandro Veronesi firma Il colibrì : un libro che è stato definito come il libro dell’anno. Personalmente non mi ha entusiasmato troppo, ma grossi difetti insiti, comunque, non ne vedo. E’ la storia narrata che non mi ha detto gran che, ma è una pura e personale sensazione.
Narra la vicenda di Marco Carrera, della sua esistenza, del suo vissuto, di come:
“quante persone sono seppellite dentro di noi.”
Da ragazzo la famiglia gli ha imposto il nome, appunto, di colibrì, per
“rimarcare che insieme alla piccolezza , in comune con quel prezioso uccellino, Marco aveva anche la bellezza e la velocità fisica. Notevole in effetti che gli tornava buona negli sport e mentale.”
In realtà lui era affetto da:
“una forma di ipoevolutismo strutturale moderato dovuto a insufficiente produzione di ormone della crescita.”
E così la sua vita sarà sempre un alternarsi continuo di dolore e di gioia, cercando sempre di rimanere ben saldo. Senza mai riuscirci del tutto. Allora sarà forse l’ultima nata, Miraiij, a fornirgli
“la ragione per continuare la vita.”
Lei che è:
“Morettina, mulatta, ha i lineamenti giapponesi, i capelli ricci e gli occhi azzurri. Come se le razze si riunissero dentro di lei.”
Diventa il futuro su cui porre basi più solide, per costruire finalmente:
“L’Uomo Nuovo”.
In questo romanzo c’è tanto, lento dolore. Ci sono tanti personaggi, e continui salti temporali tra gli anni ’70 ed oggi. Salti che non ho gradito troppo, perché interrompono la narrazione e riprendere il filo del discorso è stata per me fonte di difficoltà.
Lo stile narrativo è, comunque, di qualità e di ottimo spessore. E’ nei contenuti, nelle vicende narrate così slegate, inframmezzate da continui flash-back, che perde di qualità narrativa.
Un libro carico di dolore, di sofferenza, di patimento. Troppo.
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Ciao Manuela.
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Sicuramente utile. Grazie, Manuela