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Mara e Bube
«”È cattiva la gente che non ha provato il dolore” disse Mara. “Perché quando non si prova il dolore, non si può voler male a nessuno.”»
Toscana, Valdelsa. L’appassionata atmosfera della Resistenza da poco conclusasi con la liberazione regna ancora tra i cuori e gli animi di coloro che ne sono stati diretti protagonisti. Cappellini Arturo, detto Bube e in arte “Vendicatore”, ormai diciannovenne, è tornato a casa dopo il lungo periodo della “macchia”. La sua vita è stata interamente caratterizzata dalla lotta, da valori politici ben radicati, da convinzioni indissolubili che lo hanno portato sempre ad agire nella convinzione di muoversi nel giusto e soprattutto di rispecchiare quella immagine di sé che così tanto sente rappresentarlo. Giovane, timido, inetto, rude, elementare e impreparato alla vita, continua a sentirsi il Vendicatore anche se da quelle montagne ormai è sceso da diverso tempo. Quando incontra Mara, sorella del suo amico compagno di resistenza, se ne innamora a prima vista. Di umili origini, privato sin dai tre anni del padre e cresciuto con una madre dedita al lavoro per mantenere i figli, egli inizia a lavorare già ad undici anni e non conosce altro che quella esistenza così radicata e instradata. Mara rappresenta per lui l’amore ma anche una nuova possibilità, la possibilità di un riscatto, di una nuova occasione. Tuttavia, non lo comprende subito, lo capisce quando il danno è stato fatto e non ha più possibilità di porvi rimedio. Tra i due nasce un sentimento che diventa sempre più forte con il divenire. Ella all’inizio è una ragazza di sedici anni sciocca e materialista che non pensa altro che al farsi regalare delle scarpe col tacco o una borsetta di cui vantarsi con la cugina e che vive il rapporto con Bube quasi con distacco, quasi rifuggendo all’impegno che ha preso con lui. Ma il tempo passa e con il suo trascorrere accadono anche tanti avvenimenti che li portano ad avvicinarsi e a far fiorire quell’amore sincero che poi li accompagnerà per tutta la vita. Mara riuscirà a far breccia nella scorza di quel giovane così provato da un’esistenza dura, dolorosa e fatta di regole, un giovane così incapace di lasciarsi andare alla fragilità, al sentimento. Dal suo canto Bube insegnerà alla fanciulla a crescere, le insegnerà i valori, le insegnerà a vedere la realtà che la circonda da una prospettiva diversa, più aperta, a trecentosessanta gradi. Trascorreranno degli anni, prima tre, poi degli altri ancora, sette ed ancora quattordici. La loro relazione sarà messa in discussione da fattori esterni che li porteranno a stare lontano, ci saranno delle incertezze e tanti dubbi, ma alla fine l’uno rappresenterà per l’altro l’unica certezza, l’unica vera costante. Si aspetteranno, si ameranno, sogneranno. Due vite diversamente disgraziate, due vite segnate da circostanze inconsapevoli.
I protagonisti che abbiamo conosciuto all’inizio dell’opera si evolveranno con l’evolversi della stessa. Mara si riscoprirà essere una donna forte, fedele, fiera e tenace che sacrifica la propria giovinezza con un gran spirito di rassegnazione ma anche con una grande consapevolezza e con un gran senso del dovere dato dall’aver fatto una promessa che cocciutamente vuole mantenere, Bube, costretto alla fuga, esiliato e poi espulso in Francia, condannato al carcere, mediterà sui fatti, mediterà sul trascorso e imparerà a far trapelare quella fragilità da sempre celata anche e semplicemente con lacrime silenziose o con parole carezzevoli così difficili e così improponibili all’inizio del componimento.
Siamo nell’Italia semi-analfabeta del Secondo Conflitto Mondiale, le sorti del paese sono ancora incerte, la minaccia dei fascisti è ancora una certezza, il boom economico è un qualcosa di molto lontano, siamo in un’Italia fatta di principi, in un’Italia dove c’era poco ma quel poco era tantissimo. Un libro che è intriso di sentimenti, di amore, di valori, di piccole e grandi cose, un romanzo che trae origine da una storia vera, quella di Nada Giorgi e di Renato Ciandri detto “Il baffo” e che ci fa destinatari di una fotografia ancora vividissima che cattura e che conquista anche a distanza di così tanti anni.
Un elaborato che si divora, che non si dimentica, che resta.
«Ma non fu che un momento: perché ancora una volta quella forza che l’aveva assistita in tutte le circostanze dolorose della vita, la sorresse e le ridiede animo. Mara rimase a lungo sveglia, con gli occhi aperti, e pensava che aveva fatto la metà del cammino, e che alla fine della lunga strada ci sarebbe stata la luce…»
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Notevole la rappresentazione della protagonista femminile nella sua evoluzione psicologica ed esistenziale.
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