Dettagli Recensione
Top 50 Opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
Un messaggio di speranza per un futuro migliore.
Sandro Veronesi sa descrivere magistralmente gli umani difetti e le umane virtù, che analizza e scandaglia con la precisione del bisturi tagliente di un abile chirurgo. Compone nel suo romanzo un complesso puzzle, fatto da tessere caratterizzanti momenti di vita od episodi singoli, esposti non necessariamente in ordine cronologico, di un uomo, Marco Carrera, di professione oculista, un uomo che, pagina dopo pagina, emerge come paradigma di una eroica “normalità”, fatta di tenacia, costanza, resistenza incondizionata ad ogni avversità, ma anche capacità di riflettere e di arretrare consapevolmente quando occorra. E’ lui, il “colibrì” del titolo, soprannome affibbiatogli dalla madre per la difficoltà di crescita nell’infanzia, rimediata poi da una terapia ormonale nell’età adolescenziale dagli effetti sorprendenti. Ed in effetti Marco è come un colibrì, un uccellino tenace e quasi immobile per il vorticoso battere d’ali ma anche capace, unico della specie, a volare all’indietro. Il romanzo è la storia di Marco. Una storia segnata da momenti felici (non molti) e da sventure: la separazione da una moglie inquieta e in cerca di nuove esperienze quasi sempre fallimentari, il rapporto precario con il fratello Giacomo che si trasferirà all’estero rompendo i rapporti con la famiglia, il suicidio della sorella Irene, la tragica morte per un incidente in montagna dell’amatissima figlia Adele, i continui dissapori tra i genitori (lei, Letizia di nome ma non di fatto, lui, Probo, di nome e di fatto – “nomen omen” precisa Veronesi) che moriranno entrambi dopo lunghe sofferenze, la scoperta tardiva di un cancro al pancreas che tormenterà i suoi ultimi mesi di vita. Marco sembra, nonostante tutto, appagato dalla vita. E’ disperatamente innamorato di una ragazza, Luisa, alla quale continuerà a scrivere lettere appassionate per tutta la vita, coltiva una bella amicizia con uno psicoanalista che gli risolverà molti problemi, si impegna nella vendita dei beni immobiliari dei genitori (mobili antichi, preziose suppellettili, grandi plastici ferroviari del padre ingegnere, una preziosa collezione dei romanzi di fantascienza “Urania”), ha una certa predilezione per il gioco d’azzardo che lo porterà a frequentare una bisca di dubbia fama dove accadrà qualcosa di mai accaduto in precedenza… Ma Il vero motivo della sua apparente serenità, alla fin fine, è uno solo. Adele, la sua adorata Adele, una bellissima ragazza serena e piena di vita ha fatto in tempo a dargli, prima dell’incidente mortale, una nipote, una straordinaria bambina, figlia di padre ignoto, una creatura alla quale viene dato un nome giapponese, Miraijin, che significa “l’uomo (la donna nel caso specifico) del futuro”. In effetti è una vera meraviglia, una sorta di prodotto genetico multirazziale, riassumendo nelle sue fattezze straordinarie il meglio di ogni razza. E la piccola, crescendo, dimostrerà le sue potenziali capacità diventando nel tempo non solo un esempio ma addirittura un leader riconosciuto per le speranze di una nuova generazione.
Voglio infine sottolineare due momenti in cui il romanzo raggiunge vette di vera, grande letteratura. Il primo è costituito dalle pagine commoventi in cui Marco presagisce disperato e impotente l’inattesa fine dell’unica sua figlia, la seconda è la rappresentazione spettacolare, quasi fosse un tragico set teatrale, della preventivata morte del protagonista, assistito e confortato dai parenti rimastigli: distrutto dal cancro, vorrà porre fine alle sofferenze, coadiuvato con la sedazione profonda e la successiva iniezione letale.
Un grande autore per un grande romanzo: Marco Carrera, a mio parere, si delinea già come uno dei personaggi meglio riusciti di questi primi anni nella letteratura del terzo millennio.
In appendice, una lunga serie di note su luoghi, citazioni, film ed autori riportati nel romanzo.