Dettagli Recensione
Un colibrì davanti alla vastità
Devo essere sincera: la letteratura italiana odierna non mi attrae particolarmente, così come accade con il cinema italiano attuale, anche la letteratura soffre a volte dello stesso male, un autoriferirsi che la priva della universalità propria che ogni opera dovrebbe avere per diventare grande cinema e grande letteratura. In questo romanzo di Veronesi, le tematiche sono universali, poiché l'autore esplora drammi dell'esistenza quali la perdita, il lutto, l'amore, la morte, la malattia in ogni sfumatura, in ogni recesso angolo del cervello e il dolore che ne deriva. E lo fa da sessantenne qual è, quindi con quel carico di dolori e lutti propri di quella età. Essere coevi di Veronesi aiuta a comprenderne la portata, perché il racconto si sviluppa in maniera discontinua dagli anni sessanta ai giorni nostri con un epilogo futuribile dove a mio avviso Veronesi perde un po' il lume e si addentra in una dissertazione su "ciò che l'uomo dovrebbe essere" difficile da digerire, o quanto meno una cosa che in letteratura è vietatissima: porre la propria visione del mondo come panacea di tutti i mali. Credo che la letteratura debba principalmente descrivere, ai lettori sta il compito di trarre conclusioni. Se invece si desidera divulgare la propria opinione, meglio scrivere un saggio, un pamphlet. Questo non toglie al romanzo una certa bellezza, momenti di commozione che invitano a proseguire la lettura in modo compulsivo. L'impianto è particolarissimo, libero da qualsiasi schema, interessante soprattutto per via del fatto che la scrittura sta perdendo la struttura coesa che le è stata propria per avventurarsi nella dimensione breve, atomizzata dei social. Un aspetto da analizzare veramente intrigante. In ultimo, lo scrittore, nella postfazione elenca trascrizioni più che citazioni, di alcuni brani a lui cari, niente meno che Pirandello e Fenoglio. In ogni caso, un libro da leggere, da regalare e che non lascia indifferenti.