Dettagli Recensione
La forza della vita
“Il colibrì” di Sandro Veronesi è un romanzo semplice e complesso come può essere semplice e complessa la vita. Infatti è proprio la vita la chiave di volta del racconto, quella del protagonista Marco Carrera ma anche quella di coloro che gli sono intorno, la sua famiglia, le donne, le amicizie, una carrellata di personaggi umanamente e magnificamente descritti. Semplice ma potente, coinvolgente la prosa di Veronesi, semplice lo scorrere di un’esistenza dall’infanzia alla morte; complesso ma intrigante seguire questa esistenza senza riferimenti cronologici ma viaggiando avanti (fino ad un prossimo futuro a noi molto vicino) e indietro in un tempo fluido. Il romanzo è diviso in 46 sezioni ognuna con un titolo e un anno di riferimento (grossomodo dal 1960 al 2030); queste sezioni sono lettere cartacee, email, sms, racconti in prima o terza persona. Marco Carrera è il colibrì, così lo aveva ribattezzato da bambino la sua creativa madre architetto per via della sua altezza molto al di sotto della media -”lei aveva coniato per il suo bambino il più rassicurante dei soprannomi, colibrì, per rimarcare che, insieme alla piccolezza, in comune con quel grazioso uccellino Marco aveva anche la bellezza, per l’appunto, e la velocità”-. Il dono di Marco, la sua forza è la resilienza che viene interpretata da Luisa, la donna amata, come il restare fermi come fa appunto il colibrì col suo velocissimo battito d’ali ma a mio avviso non è questa l’interpretazione: Marco vive tutta la sua vita, anche i dolori più grandi, non sottraendosi a nulla, affrontando coraggiosamente tutto da solo quindi non rimane fermo, cerca soltanto di costruire dei capisaldi per non perdersi .”Il fatto è che dietro al movimento è facile capire che c’è un motivo, mentre è più difficile capire che ce n’è uno anche dietro l’immobilità....ci vogliono coraggio ed energia anche per restare fermi”-. Questo romanzo mi è rimasto dentro, appena finito ho dovuto riprendere fiato, farlo sedimentare prima di elaborarlo, è stata una lettura che per certi versi mi ha fatto soffrire. Sicuramente agghiacciante è “Eccola, scende (2012)” una delle mail inviate da Marco a Luisa, dove in poche righe, in un Oggetto: Aiuto, scopriamo il più grande lutto, il più grande dolore che possa capitare in una vita inserito in un contesto ordinario come può esserlo una mail. E nonostante tutto Marco va avanti, e dà ancora una volta a sé stesso uno scopo: allevare Miraijin “l’uomo nuovo”, la speranza nel futuro, che sarà in realtà una splendida donna. Veronesi in questo libro parla di noi, dei dolori, dei lutti, delle scelte dolorose che la vita ci impone, parla del coraggio, della forza che ci vuole per restare saldi quando tutto intorno frana. E’ per questo motivo che “Il colibrì” è un romanzo complesso, perché è doloroso. Anche la fine diventa vita in “Le invasioni barbariche (2030)”, c’è la pacificazione in Marco e intorno a lui, il tempo ripara tutto se speso bene. A noi lettori Veronesi lascia il compito di paragonare la fine del padre e quella del figlio, il carico di sofferenza della prima e la serenità della seconda. Tocca tematiche molto forti ed attuali Veronesi ma lo fa meravigliosamente a modo suo, con la sua scrittura piena di rimandi, di ricordi, di canzoni e ci trascina, ci prende, ci illumina. Volutamente non ho scritto della trama né dei personaggi perché per assaporare questo romanzo vanno scoperti poco a poco, con il tempo fluido anacronologico, come è successo a me.
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Commenti
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Prendo nota allora, grazie!
Ciao, Manuela
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