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Una fortuna statisticamente benevolente
“O’Reilly. Kurt. Trent’anni. Un metro e ottantasei di altezza, settantanove chili di peso. Buona struttura muscolare. Carnagione e lineamenti tipici del Mediterraneo meridionale, possibile retaggio di scorribande arabe sulle coste adriatiche”. Kurt O’Reilly l’uomo, si potrebbe dire, statisticamente più fortunato del mondo negli ultimi 90 giorni, l’uomo che rompe ogni computo. Perché da circa tre mesi tutto per lo statista va al meglio. Tutto. Non vi è una sbavatura, una sola nota meno negativa. Dal lavoro, al matrimonio, ai premi economici che sopraggiungono. Eppure, eppure, eppure, questa fortuna spropositata proprio non convince l’eroe protagonista di questa eclettica storia perché è semplicemente impossibile che ciò possa accadere. E lui che più tra tutti è “del settore” non può che averne certezza. Dove si nasconde la macchinazione? Dove si cela il mistero? Chi trama alle sue spalle? Quali arcani inganni sono stati architettati alle sue spalle?
«Non è fortuna la mia, anche se per ora mi fa comodo chiamarla così. Non trovo banconote sul marciapiede. Non vinco premi alla lotteria. Le cose che mi accadono sono mediamente improbabili, non miracolose: è come se, di fronte alla possibilità di andare male o bene, ogni fatto che mi riguarda scegliesse di andare bene. Ma che lei ci creda o no, non ne posso più»
Il singolare romanzo opera prima di Fabio Bacà si presenta sin dalle prime battute quale un elaborato che sa scuotere il lettore. Perché sin dai suoi presupposti di una fortuna sfacciata, chi legge è chiamato ad interrogarsi. Poi, man mano, la trama si evolve e raggiunge nuove dimensioni, nuove prospettive. Hanno inizio le riflessioni, hanno luogo molteplici considerazioni che portano alla ricerca del Karma e di poi alla verità assoluta che fa da perno allo scritto stesso.
Tuttavia, qualcosa non convince, qualcosa stona. E questa nota dissonante persiste in tutta la narrazione. Che sia per il linguaggio volutamente aulico e prolisso che tende a sfiancare e/o a far perdere di attenzione? Che sia perché intorno alla metà dell’opera dopo un inizio promette il testo assume come una battuta d’arresto? Che sia per un epilogo piacevole ma dissonante?
Nel complesso un libro interessante che incuriosisce, offre spunti di meditazione ma che arriva soltanto a metà.
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