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Il colibrì
 
Il colibrì 2019-10-31 11:58:22 archeomari
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
5.0
archeomari Opinione inserita da archeomari    31 Ottobre, 2019
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Un uccellino contro i naufragi della vita

Sandro Veronesi è uno scrittore pluripremiato. Tutti si ricorderanno del romanzo “Caos calmo” che, oltre allo Strega, ha vinto altri due premi internazionali ed ha avuto anche una famosa trasposizione cinematografica con Nanni Moretti e Isabella Ferrari. Io però mi avvicino per la prima volta a questo autore, attirata dal titolo e dalla seconda di copertina dove si legge : “un romanzo potentissimo , che incanta e che commuove, sulla forza struggente della vita”.
In effetti ho trovato una storia e una scrittura potente, a volte leggera, che ripercorre tutte le pagine del romanzo.
Perché un colibrì a dare il titolo all’opera?
Perché un uccellino, il più piccolo uccellino al mondo, con il corpicino e le ali iridescenti, capace di batterle 70/90 volte al secondo, venerato dai Maya che credevano fosse l’incarnazione dei guerrieri del sole? Perché questa scelta?
Perché il colibrì, che passa la vita a consumare tutta la sua energia per battere le ali senza muoversi, sospeso nell’aria, è simile al protagonista del nostro romanzo, Marco Carrera. Da ragazzino la madre lo chiamava “colibrì “ per via della sua corporatura e della sua altezza, di molto inferiori alla media dei ragazzi della sua età, un “gap” che recupererà con una cura a base di ormoni e che nel giro di pochi mesi gli farà conquistare prodigiosamente 16 cm di altezza!
Specialista in oftalmologia, Marco, all’inizio del libro, si trova, da un giorno all’altro, nell’occhio del ciclone di una serie di disgrazie: lo psicologo che segue Marina, sua moglie, entra nello studio e gli comunica una brutta notizia che stravolgerà l’apparente serenità delle sue giornate. Sua moglie chiede il divorzio ed è già incinta di un altro. Da quel momento parte una narrazione a ritmo serrato, con sequenze dialogate (pochissime, due o tre, solo quando Marco conversa con Carradori, lo psicologo della ex moglie che interverrà poi quasi alla fine del romanzo), discorsi indiretti liberi (tantissimi), poche descrizioni, molte sequenze riflessive, mai pesanti, perché condite da quella ironia che genera un’amara risata.
Le disgrazie sono veramente tante, lutti atroci, malattie terribili-lo stesso Veronesi ha confessato di aver interrotto la stesura del libro per curare un cancro - , amori assoluti e difficili, amicizie che non ti aspettavi. Ma come reagisce Marco?
Come il colibrì, l’antico guerriero Maya reincarnato in uccello, che nonostante le avversità si tiene sempre ben fermo, fedele a se stesso, ai suoi valori e consuma tutte le sue energie per mantenere quella posizione di sopravvivenza.

“E anche tutto l’amore che è stato sparso per il mondo, tutto il tempo che è stato sperperato e tutto il dolore che è stato provato: era forza, tutto, era potenza, era destino, e puntava lì.
- I lupi non uccidono i cervi sfortunati, Duccio - dice- Uccidono quelli deboli”.
-
Questa consapevolezza è l’unico modo per non soccombere alla “dittatura del dolore”.

Un romanzo che parla di amore, di dolore, ma soprattutto di forza.
Magistrale la penna di Veronesi che rende originali certe situazioni che potrebbero risultare banali, scontate e ti tiene incollato alla pagina fino alla fine del romanzo. Un sacco di citazioni importanti, musicali, cinematografiche e letterarie, da “La patente “ di Pirandello all’omaggio all’amico Sergio Claudio Perroni, suicidatosi quest’anno a Taormina, uno dei padri fondatori della casa editrice indipendente “La nave di Teseo”, la stessa che ha ripubblicato tutte le opere del Veronesi. A fine libro troverete una interessante postilla dell’autore che spiega come sono nati termini, luoghi e situazioni di questo romanzo.

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