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Nessuno sopravvive da solo
Mi sono presa qualche giorno di tempo per scrivere le mie impressioni sul libro d’esordio del giovane Daniele Sannipoli. Volevo dedicarci il giusto tempo, perché nonostante sia un romanzo breve, che si legge relativamente in poco tempo, è effettivamente denso, di immagini, di richiami, di impressioni: richiede la giusta attenzione e merita una recensione onesta e ponderata.
Si rimane colpiti dalla sua sensibilità e dal suo stile. Subito.
Sannipoli è uno studente in medicina (troverete alla fine del libro la nota bibliografica che lo riguarda ed anche quella dell’artista Giorgia Gigì, che ha realizzato la bellissima copertina) con la passione e il talento per la narrativa.
Ho immediatamente pensato, con ammirazione, che nonostante la giovane età , egli possieda una comprensione profonda dell’animo umano, messo a dura prova dalle difficoltà della vita.
L’opera inizia con il monologo di una cellula che muore, consapevole di recare con sè un DNA che, arricchito della memoria delle precedenti generazioni, sarà passato a nuove cellule, ad un nuovo corpo . Ed è così che il miracolo della vita si ripete e si rinnova. Nuove coppie formate da un Lui ed una Lei, non specificati, si confrontano, passano attraverso incomprensioni, difficoltà di comunicazione.
Tematiche delicate: il suicidio di un genitore, la difficoltà nell’abituarsi alla perdita, l’alcolismo, il senso di inadeguatezza che sottende a ogni storia che compone il quadro del romanzo. E come un fotografo che mescola sapientemente le immagini delle scene più rappresentative per farne un collage, Sannipoli lancia dalla sua penna, già consapevole, immagini e sequenze narrative che si sovrappongono, spezzando il ritmo narrativo per cui il lettore viene catapultato ora in una cucina, nel ricordo di una nonna che impasta il pane, ora nella sala d’attesa di un ospedale, ora in una chiesa davanti ad una bara, ora al cospetto di un giudice. Generazioni di coppie Lui/Lei si succedono. Il ritmo narrativo è coinvolgente.
Una tecnica che costringe il lettore ad essere sempre attento, sempre vigile.
Uno stile che si muove tra scelte ben precise: una prosa fluida, ricca di immagini, di cultura scientifica e filosofica. Una penna duttilissima, che sa lasciare le immagini di luce per farsi sottile e stridente, senza alcuna paura e senza esitazione. Richiami a Camus, a Montale per i passaggi più aspri, per le scelte di parole più “scabre ed essenziali” che graffiano talvolta la nostra sensibilità.
Un giovane scrittore che sa calarsi alla perfezione delle scene del dolore più pazzesco, quello della perdita di un genitore, senza però farsi paranoico.
Piccoli, brevi colpi di penna. Penetranti quanto basta.
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