Dettagli Recensione
Resistere, resistere, resistere
Comincia con un sussurro, una voce antica e intima a colloquio con una figlia lontana e forse persa per sempre ti tira dentro la storia. Dal silenzio del mattino coperto di neve emerge un mondo antico fatto di ricordi di una vita intera: “Lottare a prescindere. Questo mi ha insegnato tuo padre”. Dice Trina a una figlia lontana. Ecco i temi del romanzo: la fatica quotidiana di vivere e sopravvivere, lottando, come solo i contadini di montagna sanno fare, contro la fatica, il freddo, le salite, in un contesto storico in cui nulla di quello che sei ha dignità d’esistenza. Essere Atesini nel primo dopoguerra fascista significa non veder riconosciuto neppure il proprio nome di battesimo, le nenie, i canti, le preghiere, la lingua dei padri e delle madri, nulla deve esistere più. Senza lingua non c’è identità. Qui, in queste valli, prima che altrove è cominciata la Resistenza quotidiana al fascismo. Se tre ragazze, tre amiche Trina, Maja e Barbara, finite le magistrali non possono insegnare perché tedesche mentre le valli si riempiono di emigrati dalla Calabria, di semianalfabeti siciliani o veneti inviati occupare i posti pubblici e ‘italianizzare’ quelle terre di confine. Non restano che le scuole clandestine e Trina comincia ad insegnare. Trina non sa neppure perché s’innamora di Erich, un contadino, uno di quelli che sanno solo ‘di stalla e sudore’, gli uomini sono ‘individui troppo goffi o troppo pelosi, o troppo rozzi’ per c’entrare qualcosa con l’amore.
Ma Erich…. Lo sposa e si alza al mattino all’alba per aiutarlo in stalla e nei campi. E poi nasce Michael e, in una notte di neve, la piccola Marica a cui è rivolto il racconto di Trina. Due figli e un lavoro duro, senza alternative, al Duce non interessa dei Tirolesi. Ma andarsene, no! Erich qui è nato e qui vuole restare. Nel 1936 torna a Curon la sorella di Erich, sposata ad un tedesco, benestante dà una mano a crescere i figli del fratello. Intanto girano le voci e i tecnici, si dice che costruiranno una diga e Curon sarà sommersa. Gli Italiani non hanno fama di non essere affidabili, difficile che sappiano portare a termine un simile progetto. Le preoccupazioni sono solo di Erich, nel paese prevale l’indifferenza. Sono i giorni anche della ‘grande opzione’, la scelta se seguire le sirene di Hitler o rimanere figli di un dio minore a casa propria e oggetto di rancore e odio da parte degli ‘optanti’. I ‘restanti’ sono traditori, è meglio non vadano neppure a scuola. Marica, la bimba ne soffre. Una sera dorme a casa della zia, al mattino non c’è più nessuno. Sono partiti, portandosi via Marica. E’ un dolore incolmabile, una lacerazione infinita, una ferita mortale inferta in famiglia e poi la lettera, Marica ‘sono stata io a voler partire con gli zii’. ‘Da quel giorno il dolore cambia’. Ora la guerra incombe e anche Erich deve partire per il fronte. Ancora paura, dolore, fame, freddo, la fatica di badare agli animali da sola, con Michael che morde il freno, vuole passare coi tedeschi. Erich torna ferito con un solo proposito in mente: non tornare nell’esercito, meglio disertare. I lavori della diga, lentamente, ma continuano. Dopo l’8 settembre i tedeschi occupano il Tirolo, e Michael si arruola nella Wehrmacht. A Erich e Trina non resta che salire sui monti, dormire nelle caverne sottratte agli animali, scoprire di essere traditi, uccidere i tedeschi che li stanno arrestando, scappare e resistere. Resistere anche al pensiero insistente di Marica. Resistere nella neve, al freddo assassino, tenendo viva la speranza di trovare un maso con altri disertori che possano accoglierli: una donna grassa, il suo vecchio marito, il figlio prete e un’altra famiglia con una ragazza diventata muta. In gruppo è più facile sostenere il peso dell’inverno, della fame, della paura. Poi finalmente la primavera e la fine della guerra. Il ritorno alla pace è anche l’incontro con una realtà, la dura vita dei contadini, ma si è a casa. Il figlio torna deluso e sconfitto, ma riapre la bottega del nonno falegname e in tanti hanno bisogno delle sue sedie. Ma le gru hanno ripreso a scavare, la Montecatini (con i soldi degli svizzeri, che non vogliono allagare le loro valli, ma vogliono avere diritti sull’elettricità prodotta in Tirolo) ha costruito baracche per gli operai calabresi, e un ‘uomo col cappello’ dirige le attività e sa che la tenacia di Erich non basterà a fermare la diga, perché è solo, gli altri confidano in Dio e sono solo assetati di tranquillità. Non bastano lettere al Papa, articoli scritti da Trina, non basta la visita del senatore Segni, la morte degli operai, la diga, quasi un’entità mostruosa e indifferente cresce. Gli abitanti si trovano l’acqua in casa e in stalla, le galline morte nei pollai senza che siano stati avvisati. E poi delle croci di vernice rossa segnano le case che avrebbero fatto saltare col tritolo. A nessuno fu mai chiesto cosa volessero dal loro futuro, perché avrebbero risposto ‘Solo restare’. Tutto fu distrutto tranne il campanile della chiesa che oggi richiama tanti turisti, le loro canoe, … e nessuno ha tempo di fermarsi e dolersi di quello che è stato.