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Thomas Edwards
La vita di Thomas Edwards non ha niente che non va. Figlio di Cecilia Tilli, studentessa di archeologia nella “triste e magnifica” Torino e di Oliver Edwards, il futuro padre conosciuto dalla donna mentre era in vacanza nel Devonshire, un uomo di quarantaquattro anni e con un matrimonio già alle spalle, due figlie a carico e pochissimo tempo libero, Thomas cresce nell’agio, si iscrive prima a legge e poi ad architettura, facoltà portata rapidamente a termine con “la determinazione di chi non vuole fallire una seconda volta e la freddezza di chi manca di una vera vocazione”. Vive anestetizzando il presente, conducendo un’esistenza composta con una relazione poco impegnativa con Ottie Davis, una donna non bella, non in modo convenzionale, almeno, già madre di un bambino di sette anni, Martin, un lavoro di successo quale arredatore d’interni e ricercatore di luce che ne scandisce la monotonia delle giornate tutte uguali, tutte identiche e con il ricordo costante di un amore, quello per Sophie Selwood, radicato nel cuore e nella mente. Sono anni che la loro relazione è giunta al termine, tuttavia, quel grande amore che un tempo li aveva resi felici, continua ad essere presente. Anche se lui poi ha continuato a vivere nel rimpianto e nel rimorso, anche se lei lo ha cacciato.
Tutto scorre con irremovibile metodicità e ordinarietà quando un eccentrico zio viene a mancare lasciando quale erede Thomas che è così costretto ad uscire da quella condizione di standardizzazione in cui ormai è adagiato. Nuovi incontri, nuove figure, nuove, realtà. Il tutto in una dimensione che alterna i toni del ricordo, dell’infanzia, della riflessione, a quelli del presente, a quelli di una nuova fase atta a ricominciare, a rappresentare una ripartenza in una ricerca continua di se stessi, del sentimento, dell’amore.
Eleonora Marangoni si presenta al grande pubblico con un romanzo dai grandi intenti e i grandi obiettivi, un’opera che si prefigge di richiamare a se stessa l’amore, il fato, la memoria, i legami affettivi, il rimpianto, il rimorso passando per quella che è una dimensione apparentemente stabile e di successo, una realtà fatta da un successo e una realizzazione che di fatto non è completa.
Ma per quanto i propositi siano tanti e ammirevoli, per quanto le tematiche affrontate siano una buona base per uno spunto interiore, l’opera non arriva, risulta farraginosa e facilmente intuibile nel suo divenire. Lo stile narrativo adottato è volutamente troppo ricercato ed eccessivo tanto che è percepito dal lettore quale irreale e artificioso ovvero quale frutto di un costrutto voluto, meditato, studiato. I personaggi, a loro volta, che si alternano nella narrazione, finiscono con l’esasperare il conoscitore perché talvolta troppo rimarcati a discapito di altri che al contrario sono effimeri, rarefatti tanto che quasi ci si arriva a chiedere il perché della loro introduzione nel componimento, ci si arriva a chiedere se davvero sono questi necessari allo svolgimento e al proseguo della narrazione. Nello scorrimento dell’opera si ha come l’impressione di trovarsi dentro due diverse storie che contrappongono la realtà italiana con quella inglese, quella onirica con quella della dimensione del concreto ma che non riescono ad amalgamarsi tra loro. Sono slegate, costruite, artificiose e per questo percepite quali irreali dalla mente dell’avventuriero.
Dal punto di vista sentimentale, nuovamente si ripresenta una grande confusione mixata a una grande inconcludenza dettata da questa serie di tentativi di introspezione e di definizione dell’amore in senso lato, nella sua essenza, nel suo essere che non arrivano. Purtroppo, l’esperimento non può dirsi compiuto e riuscito restando inevitabilmente alla sua fase di sperimentazione e ideazione.
In conclusione, “Lux” è un romanzo che carica troppo sia a livello di stile narrativo che di trama, che vuol fare troppo ma che non mantiene gli equilibri. La storia è inoltre alquanto ordinaria e per questo prevedibile, l’autrice non riesce a donarle quel quid necessario a distinguerla dalla massa e dunque non riesce a risultare accattivante per chi legge. Si fatica a concludere il libro e non poco. Sicuramente è una scrittrice che ha tanto da dare ma per le successive stesure deve imparare ad aggiustare il tiro.
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