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Fedeltà non vuol dire amore
Amaro. Uno dei più amari che abbia letto quest’anno, anche se con la genialità di Moravia. Ho notato punte di follia e di morbosità nelle ultime pagine, più marcate rispetto agli altri romanzi moraviani letti. Una morbosità comunque controllata, tenuta sempre sotto la lente, indagata.
Insieme al romanzo “L’amore coniugale” (1949) quest’altro breve libro (pubblicato nel 1954) forma un dittico. Andrebbero letti entrambi per avere una visione completa dell’amore tra coniugi, ma, mentre nel primo si narra di un tradimento, in quest’altro il tradimento non c’è, anzi...è una storia di fedeltà, ma tutta particolare.
Riccardo ed Emilia sono una giovane coppia di sposi romani, non proprio ricca. Riccardo si occupa di sceneggiatura, la sua ambizione è il teatro, mentre Emilia, che prima di sposarsi fa la dattilografa, sogna una casa tutta sua, da arredare e da curare secondo i suoi gusti. Si amano. Lui, nonostante non sia ancora uno sceneggiatore affermato, per renderla felice si accolla un mutuo che di mese in mese gli procura ansia ed angoscia, impedendogli di dedicarsi al lavoro che lo appassiona e costringendolo quasi ad accettare compiti di second’ordine, col solo scopo di riuscire a pagare la rata della casa. Questo regalo impegnativo fatto ad Emilia fa provare a Riccardo “le angustie mortificanti della penuria di denaro”.
“Quest’uomo nascondeva alla moglie, per non turbarla, la propria ansietà; correva tutto il giorno per la città cercando lavoro e spesso non trovandone; si svegliava la notte di soprassalto pensando ai debiti da pagare; e, insomma, non pensava e non vedeva più che il denaro(...) “
Oltre al danno, la beffa. Sì, perché dopo qualche mese Emilia si comporta con lui in modo freddo, strano, i loro rapporti si incrinano, fino a quando, verso la metà della storia, lei non gli confessa, esasperata dalle domande di lui... che lo disprezza.
Quanta durezza in questo romanzo, esacerbata dal forte contrasto tra il profondo e viscerale amore che lui prova per la moglie e questo inspiegabile (?) disprezzo di Emilia verso di lui.
Nella storia ci sono altri due personaggi sui quali non dirò che poche parole. Battista, il produttore argentino, si atteggia ad uomo di successo, e a Riccardo propone di preparare la sceneggiatura di una “Odissea” omerica in formato colossal americano con tanto di donne mezze nude e un Polifemo King Kong, perché
“(...) il film neorealistico non è sano, non è un film che incoraggi a vivere, che aumenti la fiducia nella vita... il film neorealistico è deprimente, pessimistico, grigio... a parte il fatto che esso rappresenta l’Italia come un paese di straccioni, con gran gioia degli stranieri che hanno tutto l’interesse a pensare, appunto, che il nostro sia un paese di straccioni, a parte questo fatto dopo tutto già abbastanza importante, esso insiste troppo sui lati negativi della vita, su tutto quello che c’è di brutto, di sporco, di anormale nell’esistenza umana... insomma è un film pessimistico, malsano(...)”.
Il regista invece, un certo tedesco Rheingold, propone una visione in chiave psicanalitica e freudiana del poema omerico che si rivela amara e, allo stesso tempo, illuminante : Penelope pur rimanendo fedele ad Ulisse, non lo ama più da molto tempo e, per questo motivo l’eroe di Itaca rimanda il ritorno ogni volta, perché non gli è piacevole la vita accanto ad una donna che lo disprezza...
Non posso più dirvi nulla sulla trama.
Posso invece, anzi devo, sottolineare, le considerazioni che l’autore fa sul lavoro dello sceneggiatore, colui che davvero lavora per il film, ma che non appare sulla locandina. Egli in sostanza “è un artista che, pur dando il meglio di sé al film, non ha poi la consolazione di sapere che avrà espresso se stesso”, in quanto i meriti vanno tutti al regista e al produttore.
In sordina trapela anche una polemica contro i colossal americani: barocchi apparati di festa di colori e mostruosità che hanno il solo scopo di stupire, senza lasciare alcun contenuto di valore.
Sopra ogni cosa però, l’inconfondibile stile di Moravia che, come scrive Enzo Siciliano “ha sempre incenerito ciò che sembra”, l’apparenza, grazie al suo realismo, al suo scavo psicologico fatto senza censure. (E. SICILIANO, “Alberto Moravia, vita, parole e idee di un romanziere” Milano, 1982)
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E anch'io, come Laura, non vedo l'ora di avere tra le mani "MoranteMoravia" di Anna Folli recensito da Natalizia.
Grazie per il commento. Di cuore
Grazie mille a te
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