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Divorare il cielo
 
Divorare il cielo 2019-08-30 17:38:48 Unda Maris86
Voto medio 
 
3.0
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
2.0
Piacevolezza 
 
3.0
Unda Maris86 Opinione inserita da Unda Maris86    30 Agosto, 2019
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La verità è che non esiste la verità.

Premetto che ho letto questo libro per puro caso: era uno dei pochi romanzi rimasti in casa prima di un trasloco. Inoltre conoscevo già Paolo Giordano, avendo letto ed amato tantissimo, qualche anno fa, "La solitudine dei numeri primi". Nutrivo quindi delle grandi aspettative e diciamo che, per le prime cinquanta pagine, mi è sembrato di ritrovare il grande Giordano dell'opera prima. Man mano che sono andata avanti nella lettura, però, ho avuto l'impressione che la storia perdesse d'intensità e che la narrazione proseguisse quasi esclusivamente per forza d'inerzia: vicende improbabili, eccessive accelerazioni o - viceversa - decelerazioni del ritmo narrativo, dialoghi banali tra i personaggi rompono, un po' alla volta, l'incantesimo di un racconto che, all'inizio, emoziona e promette molto di più.

Se infatti, in un primo momento, Teresa, un' adolescente torinese, e i tre "fratelli" pugliesi ricordano i personaggi a tutto tondo di Alice e Mattia, i due "numeri primi" protagonisti del precedente romanzo, subito dopo essi appaiono ben più insipidi rispetto alla coppia dei loro predecessori. Perché, nonostante Teresa, Bern, Nicola e Tommaso (cui si aggiungeranno, poi, gli amici Danco e Giuliana) decidano tutti insieme di coltivare un progetto comune, ossia vivere esclusivamente nella natura e per la natura, la loro vicenda sembra priva di un centro gravitazionale altrettanto preciso: dal punto di vista propriamente narrativo, infatti, non è ben delineata la Spannung (cioè il momento clou del racconto), così come, dal punto di vista dei contenuti, non è facile dire se il libro intenda parlare soprattutto di amicizia, di amore, di relazioni umane contraddittorie oppure di ideali superiore, quali la fede religiosa in Dio o la tutela dell'ambiente.

Anche l'evoluzione psicologica dei personaggi, a mio avviso, poteva essere elaborata meglio: ad esempio, nella prima sezione, Cesare, il "padre" dei tre ragazzi, ci viene presentato soprattutto come un fanatico della religione, un individuo dai modi affettati ma austeri nei confronti dei figli, di cui cerca di tenere sotto controllo ogni movimento (compreso spiare le effusioni amorose tra Bern e Teresa nel canneto poco distante dalla masseria). Dopodiché, il suo ruolo e quello di sua moglie Floriana passeranno decisamente in secondo piano per buona parte della trama; ma, al termine del racconto, troveremo d'improvviso un personaggio diverso, totalmente cambiato, dal cuore così tenero e magnanimo da poter perdonare chi gli ha procurato il dolore più grande di tutta la vita.
Anche la relazione tra Bern e Teresa si sviluppa su binari non sempre ben definiti: troviamo prima la passione travolgente di due ragazzini poco più che sedicenni, poi un rapporto stabile che vede, però, un sempre maggior dominio psicologico da parte di Bern (e, quindi, l'esasperazione di Teresa) e, infine, un rocambolesco ricongiungimento dopo un periodo di separazione.

Difficile, per tali ragioni, trovare la giusta chiave di lettura dell'opera, di sicuro ambiziosa come progetto editoriale, ma che promette più di quanto riesca poi effettivamente ad offrire al lettore.

Forse perché, come scrive Paolo Giordano nelle ultime pagine del libro, "la verità sulle persone, su chiunque, semplicemente non esiste".







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