Dettagli Recensione
E la vita, la vita, e la vita l'è bela, l'è bela..
Solo al decimo capitolo, sul finire della narrazione, prendo contatto con l'opera e ne respiro gli umori e inizio ad apprezzarla; avviene quando l'autore scopre il suo intento, quando, abbandonata la cronistoria del suo vivere quotidiano, fa trionfare l'ironia e tutto ciò che finora ha descritto della sua misera vita cittadina diventa il contraltare per proporre un'ideale di vita alternativa. Poche pagine serrate, meravigliose, divertenti e tristemente note: lì c'è tutta la miseria della nostra vita attuale, nulla è cambiato, anzi, si è realizzato all'inverosimile ciò che Bianciardi quasi profetizzava nel '61. Il consumismo si è fatto sfrenato, la qualità della vita si è abbassata ulteriormente, viviamo alla ricerca di inutili bisogni da soddisfare, spendiamo il nostro tempo a inseguire delle chimere che non soddisfano affatto che il mercato e la sua incessante sovrapproduzione. E il mondo si è fatto di plastica e l'aria è irrespirabile e l'uomo si è isolato: vive la sua vita agra. A leggere di quella dell'autore inizialmente si può provare noia, distacco emotivo e generazionale. Che ci fa un provinciale a Milano? E perché coltiva sogni anarchici, addirittura atti terroristici, da bombarolo puro? Perché non è rimasto con Mara e con la sua figlioletta in Toscana? Che ci va a fare in una città alienante come Milano? Chi glielo fa fare di ammazzarsi di lavoro? Poi lentamente trova la sua dimensione, una situazione però di pura sopravvivenza che spegne ogni ardore e la vita sfuma e l'uomo si perde e la vita va …
Triste, malinconico, in bilico tra il rifiuto e la ricerca di approvazione e di riconoscimento. Una vita schiacciata, un intelletto sprecato. É bene leggerlo per cercare di intuire quanto siamo tristemente omologati, ingenui e perfino felici.
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Ciao Laura!
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