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Le cose perfette non appartengono a questo mondo
Scorrevolissimo e dalla trama ridotta al minimo, “L’amore coniugale” è un romanzo breve iniziato nel 1941 durante un soggiorno a Capri con la moglie Elsa Morante e pubblicato soltanto nel 1949 : in questo intervallo lo scrittore aveva messo mano anche ad altri due famosi romanzi contemporaneamente.
La tematica è quella del fallimento delle ambizioni letterarie di Silvio, il protagonista, che, sposato con la giovane e bella Leda, moglie remissiva e affettuosa, va a vivere per qualche tempo nella campagna toscana, per trovare la giusta concentrazione ed ispirazione necessarie per lo slancio creativo. Per scrivere in condizioni ottimali un buon romanzo, non gli basteranno però il silenzio della campagna toscana, la rassicurante e tranquilla routine quotidiana, scandita da pasti regolari, passeggiate con la moglie e l’intimità carnale assicurata ogni notte. Il protagonista una sera dirà a Leda:
“ “tu vuoi che io scriva quel racconto. […]Quel racconto in cui si parla di te e di me? ... in queste condizioni non riuscirò mai a scriverlo.”
“Quali condizioni?”
Esitai un momento e poi dissi: “Noi ci amiamo tutte le sere, nevvero? Ebbene io sento che tutta la forza che mi ci vorrebbe per scrivere il racconto, mi va via con te. Se continua così, non potrò mai scriverlo”.
Silvio, convinto che i grandi scrittori “almeno quando lavorano, vivano casti” , chiede ed ottiene dalla moglie questa pausa momentanea dal sesso per tuffarsi con slancio rinnovato ogni mattino nel romanzo che si accinge a scrivere e che intitolerà proprio “L’amore coniugale”: un romanzo nel romanzo, quindi.
Per una ventina di giorni Silvio si dedicherà anima e corpo al suo lavoro, traendone una gioia ed un godimento pari e addirittura superiori, oserei dire, alle notti passate con Leda, al punto di non avvertire nessun altro bisogno se non quello di rinnovare questo piacere creativo.
Leda, dal canto suo, si mostra molto comprensiva, seriamente interessata ed attenta al lavoro di Silvio, dal momento che si tratta di scrivere della loro storia d’amore. Quello che succede poi, e che non svelo, va letto con spirito sgombro da ogni facile pregiudizio e sommarie conclusioni. Moravia è un maestro nello “psicologismo ben solido, ben tridimensionale” - parole del suo più grande estimatore, il critico Giuseppe Antonio Borgese - e riempie le pagine scandagliando in continuazione l’animo di Silvio, che ora ammette il suo egoismo, le sue debolezze, ora ammette di essere completamente dipendente dalla presenza della moglie nella sua vita, arrivando a sopportare situazioni paradossali. In questo procedimento è supportato dalla narrazione in prima persona, è Silvio, infatti, la voce narrante e di cui conosceremo ogni suo più intimo pensiero. Non si può dire infatti lo stesso di Leda, che incarna l’eterno femminino che nessun uomo arriverà mai a capire. Leda, dalla bellezza sfuggente, circonfusa di ieratico splendore, ma con le sue zone d’ombra, le sue smorfie oscene da antica maschera teatrale. La donna quale antico demone.
Cosa può fare Silvio, dunque? Accettare che “come in ogni cosa, dalle grandi alle piccole: tutto si può spiegare salvo la loro esistenza” dal momento che
“La perfezione non è cosa umana; e il più delle volte essa appartiene piuttosto alla menzogna che alla verità; sia che questa menzogna si annidi nei rapporti tra noi e gli altri, sia che presieda a quelli tra noi e noi stessi”.
Nel romanzo sono stata colpita inoltre dalla metodologia della critica letteraria di Silvio, ipercritico verso i suoi lavori, e che, secondo me, è anche il procedimento di autovalutazione dello stesso Moravia. Vengono spiegati con precisione e dovizia i parametri in base ai quali un romanzo viene considerato buono e di successo, dallo stile ai personaggi, senza omettere che, anche al tempo di Moravia, l’indice di gradimento dei libri era pilotato dalla buona presentazione di qualche acclamato critico.
Divorato in una sola giornata.
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