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L'isola dell'abbandono
 
L'isola dell'abbandono 2019-07-25 10:17:15 cesare giardini
Voto medio 
 
2.5
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
2.0
cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    25 Luglio, 2019
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Ci si può perdere nel labirinto della vita.

L’autrice prende lo spunto da un racconto mitologico, quello di Teseo figlio del re di Atene che uccide nel labirinto il Minotauro con l’aiuto dell’innamoratissima Arianna, che poi abbandona sull’isola di Naxos. L’azione del romanzo ha il suo fulcro nel 2008: un’altra Arianna, la nostra protagonista, arriva a Naxos e s’innamora perdutamente di Stefano, un tizio con problemi psichiatrici che fa uso di droghe anche pesanti e che, dopo una tormentata relazione, l’abbandona e fugge con una certa Cora. Tenterà di ricontattarla in seguito, disperato, ma Arianna lo manderà a quel paese (uso un eufemismo), pentendosi però perché Stefano morirà in un incidente. Arianna troverà,sempre a Naxos, un surfista, Di, e andrà a vivere con lui, ma, a un certo punto, sentirà il bisogno di rientrare a Roma dove risiede il suo psichiatra di fiducia, Damiano, diventandone l’amante. Metterà alla luce un figlio, Emanuele (sono passati intanto una decina d’anni), e l’irrequieta Arianna sentirà l’inderogabile desiderio di tornare a Naxos: pianta figlioletto e amante (la cui moglie,Elena, si è già fatta elegantemente da parte) e va in cerca della sua vecchia fiamma, il bel surfista Di, che intanto si è sposato ed ha messo al mondo tre figli. Delusa e perplessa, la nostra Arianna rientrerà a Roma e, riabbracciando il piccolo Emanuele, troverà forse un porto sicuro in cui dare un senso alla sua vita. Questa è a grandi linee la storia. E veniamo alla protagonista, Arianna, donna quanto mai fragile e tormentata. E’ in cura dallo strizzacervelli di cui poi diventerà l’amante, frequenta associazioni per genitori soli, cerca disperatamente un appiglio per dare un senso alla sua vita. L’isola di Naxos, dove rivive il mito di Arianna abbandonata da Teseo, le sembra un porto sicuro: l’ambiente sembra che la faccia stare bene, le persone che incontra la ascoltano, nasce l’amore che l’avvolge e la rassicura. Ma non basta: l’isola (da Naxos deriva “piantare in asso”) impone la sua mitologica maledizione, gli amori si frantumano, le fragilità riemergono, il desiderio di fuggire da tutto e da tutti si scontra con il fascino dell’isola che sembra invitarla a restare, dimenticare, abbandonarsi solo ai ricordi ed alle speranze. Bisogna anche aggiungere che Arianna, come si suol dire, le sue magagne se le va a cercare, incapace com’è di mantenere un legame solido e costante nel tempo con gli uomini che incontra. Cerca qualcosa che non sa trovare, arrovellandosi nei suoi dubbi e nelle sue incertezze: solo nella sua attività lavorativa (crea e pubblica disegni e favole per bambini, con un coniglietto, Pilù, come protagonista) sembra trovare serenità e appagamento. Ma per il resto ( i rapporti con il prossimo, gli affetti, i desideri) non riesce a dare un senso alla sua vita. Forse non si rende conto che il senso della vita, come saggiamente affermava il famoso oncologo Umberto Veronesi, è la vita stessa. Ma Arianna non se ne rende conto, e continua nella sua ricerca affannosa, che inesorabilmente la porta ad una sola conclusione: l’abbandono. Abbandona chi forse le vuole veramente bene, è abbandonata e tradita da chi è tormentato da una psiche malata, abbandona sé stessa a riflessioni che aggrovigliano sempre di più il filo già aggrovigliato di una vita inconcludente e apparentemente senza sbocchi.
Lo stile narrativo segue le orme di Arianna: concitato, martellante, a volte di difficile comprensione, soprattutto nei lunghi colloqui con gli uomini della sua vita, puntini di sospensione, battute, domande senza risposta, snervanti tentativi di capire e di capirsi. Il lettore può anche perdersi, perdendo il filo della narrazione. Non mancano le trovate brillanti, come quella di sottolineare lo squillo insistente di un telefono scrivendo trenta volte “… squilla, squilla, squilla…” per quattro righe. Ben peggio (fumettistico) sarebbe stato un “ drin, drin, drin” ripetuto trenta volte.
Che aggiungere ? Forse, e sottolineo forse, la soluzione dei suoi problemi Arianna la troverà nel figlioletto Emanuele. Il finale del romanzo ci fa intendere che sarà lui e solo lui a colmare il bisogno d’amore della protagonista

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