Dettagli Recensione
Un canto universale di paura ed d'amore
Sospiri di meraviglia, casuali e improvvise escursioni fuori dalle rotte prestabilite, questo regala ai lettori ‘Tutto sarà perfetto’.
La letteratura quando è bella sospende il senso, non cerca significati, e restituisce alla vita la sua forza indicibile. Ma più di tutto la sua impossibilità di raccontarsi.
E' la ricerca del senso di un esistere. Ci sono una domanda e un tentativo di risposta. Il valore aggiunto alla ricerca è la scrittura di Lorenzo Marone, che con la sua prosa lieve e perfetta, un ritrattista dei paesaggi umani, scrive una storia tenera e profonda che riflette sulla distanza emotiva che silenzi e dolori possono instaurare. È un racconto pieno di imperfetta perfezione che parla al cuore di chi non vuole smettere di credere che quando ci sarà resa la memoria, verrà il tempo della riscoperta del passato.
Marone legge la storia di ogni figlio o padre, e discorre in modo poetico e leggero dell'amore e dell'illogicità del vivere, della bellezza della giovinezza insidiata dalla vecchiaia e dalla malattia, della favola della specie umana, dimentica di pietà di fronte alla vita che si illude di dominare.
Un racconto pieno di punti interrogativi, di domande, di contrapposizioni; ma anche di parole e silenzi cocenti e della capacità straordinaria di amare di una madre, Delphine, sia pur chiusa nel ripiegamento della depressione che le sue piccole pulci Andrea e Marina, faticano a comprendere fino in fondo. Nulla in queste pagine è sprecato, ogni frase è perfetta, premessa di quella successiva. Ogni pagina innesca l’emotività, allo stesso tempo mantenendosi asciuttissima.
L'autore scrive su cosa significa smarrirsi e poi ritrovarsi, raccontando l’umano dei personaggi che animano il racconto.
A spezzare quella stagnante bonaccia - interiore ed esteriore- il passato che torna e la necessità di un viaggio che porterà Andrea alla ricerca delle sue origini insieme al padre malato Dario, il Comandante, in un’isola, Procida. Un viaggio composto di solitudine e inerzia, di leggerezza e ritrovamenti: il vento è onnipresente e con la spinta dell’umanità ferrigna accompagna Andrea alle scoperte e soprattutto alle riscoperte. Un romanzo in movimento in cui ogni movimento è un carotaggio delle infinite vibrazioni che agitano noi in attesa della chiave che le doti di un ordine, di una cadenza che la restituisca all’armonia.
Procida come Itaca, una metafora del racconto, terra bruna e dal mare verde e blu, profumato di vento dove Andrea aveva imparato a nuotare con il padre e a conoscere i primi turbamenti con Ondina. È bella la Procida descritta, ricca di fichi e limoni, delle schiume del tirreno, e dei cambiamenti di vento.
È bella quando è così. La luna bassa sul mare, la strada chiara, le stelle e la luna a spazzare la notte. Un’aspra dolcezza regna sull’isola e se n’è completamente avvolti come i protagonisti che quasi ne vengono ingoiati.
Ogni frase dà un’emozione attenta a trasformarsi in pensiero e parola, a non essere invisibili e soli nel mare aperto di una prigione.
Un canto universale di paura e d’amore, proprio bello il romanzo di Lorenzo Marone.