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Spazi di intimità da preservare...
Ovvero...
...quella parte di noi che teniamo custodita nel profondo, e che non vorremmo mai affiorasse in superficie, che non riusciamo ad affrontare, a raccontare, ma che continua ad esistere, nonostante l'imbarazzo.
È un libro che parla di "spazi di intimità da preservare, nascondigli per azioni incoerenti, fughe, sguardi, libertà particolari, il trucco che nasconde l'evidenza, pozze in cui saltare a piedi scalzi, regali senza mittente, errori, vendette. Persone amate."
È un libro che dà voce a chi è capace di reinventarsi, a chi non ha paura di trasformarsi attraverso il rapporto con gli altri, a chi si domanda quanto è disposto a cedere di se stesso, di quella sua metà oscura, nel difficilissimo gioco della reciprocità.
È un racconto a più voci, esistenze sempre in bilico tra la difficile realtà quotidiana e le illusioni, quelle illusioni necessarie a sopravvivere, perché sono bugie raccontate (a noi stessi) per prolungare i sogni quando non si è disposti ad ammettere la disfatta.
Il personaggio di Matilde, maestra in pensione e badante per necessità, mi ha insegnato che bisogna saper indossare tanto gli abiti quanto i difetti, gli anni e i pensieri, quelli giusti, quelli capaci di farci sentire bene dentro la nostra esistenza, che non sarà mai perfetta, ma almeno che sia di una misura comoda.
Mi ha fatto capire l'importanza di percepirsi come degni di amore, a dispetto di tutto, a prescindere dall'età e dalle condizioni (madre, moglie, nonna, vedova), anche di fronte ad un passaporto ed una valigia già pronti e mai usati.
Perché non sempre è necessario barattare i sogni con la verità.
Non serve a nessuno.
Un romanzo bellissimo, denso di malinconia e di amarezza, pieno di solitudini e di sogni infranti.
(Bellissime le pagine sulla situazione delle badanti straniere in Italia...toccanti ed illuminanti.)
Paola Cereda (grande scoperta che approfondirò) riesce a dare spazio e corpo a tutti i personaggi del suo romanzo (compresa Torino), anche quelli apparentemente secondari hanno una loro tridimensionalità e diventano protagonisti nell'impeccabile intreccio di vite che la scrittrice ci ha mirabilmente donato.
Ognuno, con i propri affanni e con le proprie debolezze, partecipa al grande quadro della vita nella sua impossibilità di essere vissuta senza ombre.
Abbiamo tutti una fotografia nella tasca della giacca, una cartolina sotto la calamita del frigorifero, affetti dimenticati o da dimenticare.
Abbiamo tutti diritto "a vivere per essere felici almeno un po', e a morire per non essere infelici per sempre".