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La testa perduta di Damasceno Monteiro
 
La testa perduta di Damasceno Monteiro 2019-06-01 12:26:53 Giacopó
Voto medio 
 
4.5
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
5.0
Opinione inserita da Giacopó    01 Giugno, 2019

NOIR E ROMANZO DI FORMAZIONE

Un corpo decapitato è stato ritrovato in un parco fuori città. Per seguire questo caso di cronaca nera, Firmino, un giovane giornalista di Lisbona viene inviato a Oporto. Ne farebbe volentieri a meno visto che desidera da tempo completare le sue ricerche letterarie sul neorealismo portoghese, ma le sue povere tasche di neolaureato lo costringono a farsi andar bene questo impiego di cronista per un periodico scandalistico che sebbene non gratificante, quantomeno è redditizio. Quello che però all'inizio sembra essere un semplice caso di omicidio, misterioso sì ma poco interessante per lui, diventa presto qualcosa cui non si può restare indifferenti. Sin dalle prime fasi dell'inchiesta si rivelano incongruenze tra i racconti dei testimoni e quanto è stato riportato dalle relazioni ufficiali della polizia. Così il giovane Firmino si addentra pian piano in un mondo che forse non credeva potesse esistere davvero, in cui la polizia si può macchiare di crimini che dal favoreggiamento del traffico di stupefacenti possono portare alla tortura e all'omicidio. Il suo sguardo all'inizio distaccato diventa più serio e duro, man mano che avanza nella comprensione di quanto successo, e il tutto culmina quando può finalmente osservare la testa della povera vittima ritrovata nel fondo del Douro.
Pallelamente ai progressi che fa nella sua inchiesta, Firmino impara a conoscere meglio una città di cui conservava un tetro ricordo infantile, ma che ora diventato più maturo può davvero apprezzare. Sfondo di questa ricerca giornalistica, che è anche personale, è la città di Oporto animata dai vari personaggi che via via Firmino incontra: dal cameriere che gli chiede firme a sostegno dei cittadini più indigenti, alla titolare dell'albergo dove risiede che insospettabilmente si rivela un'ottima informatrice, alla povera famiglia della vittima la cui storia è una delle tante storie tragiche di chi cerca di sopravvivere nei quartieri più popolari. Sono proprio gli emarginati e i nascosti della città il vero motore di questa storia, che inizia dal ritrovamento del cadavere da parte di Manolo il vecchio re dei gitani, che nella sua memoria conserva il ricordo di quando alla sua gente spettava ancora un po' di dignità e non il disprezzo di cui è vittima oggigiorno. E sarà infatti uno strenuo difensore dei più disgraziati, l'avvocato Fernando Siqueira, la guida più preziosa per Firmino: da bizzarro avvocato apparentemente perso in divagazioni filosofiche e fantasmi del passato, si dimostra ben presto un abile stratega che suggerisce modi e tempi per gli articoli e le interviste del giovane giornalista. Nel processo che implicherà un viscido eroe della guerra coloniale portoghese, ora diventato capoccia della polizia municipale, accusato dell'omicidio e della decapitazione di un ragazzo per coprire i suoi traffici di droga, l'avvocato Siqueira troverà linfa per la sua indefessa lotta contro la tortura e contro quella norma base, che se ai tempi dell'inquisizione rappresentava dio, oggi rappresenta uno stato che pretende autodefinirsi civile. Nonostante questa lotta sembra avere un finale già scritto, come quello di due moderni don Chisciotte e Sancho Panza contro i mulini a vento, in realtà la fine di questo romanzo - che è insieme noir e romanzo di formazione - coincide con un estremo tentativo dell'avvocato Siquiera a non rassegnarsi e a continuare a combattere perché la verità venga a galla. E Firmino sarà alla fine ben felice ora di sospendere nuovamente i suoi studi letterari, per aiutare quello che è diventato finalmente suo amico nella sua battaglia.

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