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Vite e memoria
Elena è una scrittrice dotata di grande empatia, dote che le permette di leggere i volti delle persone, di far proprie le loro storie, di viverle sulla pelle e di riportarle su carta. Una notte, mentre è in un momento di intimità con il compagno Patrick nella sua casa newyorkese, viene colpita da un aneurisma celebrale e più precisamente da un’emorragia “subaracnoidea per la rottura di un aneurisma dell’arteria comunicante anteriore”. I soccorsi sono tempestivi, l’intervento del neurochirurgo ha successo ed ella riesce a salvarsi. Da qui, la necessità di cambiamento, di trasferirsi, per un nuovo inizio, per ricominciare.
«Credo esista una misura di saturazione oltre la quale non si può andare. Nei sentimenti, nei pensieri. Colmi quella misura e, se non ti fermi, il corpo si ferma per te.»
Francia. In un paesino ai piedi del vulcano Puy de Lùg ha inizio la loro nuova vita; di convalescenza per lei, di timore di poterla davvero perdere per lui. Tanti i pensieri che abitano la mente della protagonista, pensieri fatti di ricordi, di incertezze, di sentimenti sconosciuti, di nuove emozioni, di fragilità, di nuove consapevolezze. Una in particolare la paralizza: il fatto di sapere che la sua vecchia vita non tornerà più perché la malattia che l’ha colpita ha sbriciolato quel che era e quel che aveva per consegnarla ad un’esistenza diversa fatta di vuoti, fessure scoperte, lunghi tempi di ripresa forse nemmeno completa.
«Ci si stupisce. Non sapevo che avrei perso il viso che davo per scontato. Si sta guastando prima di essere ciò che avrei voluto.»
Nel mentre, sotto ai loro piedi, il magma ribolle. Elena organizza e struttura le proprie giornate in funzione di quella montagna che osserva placida dalla finestra, godendosi talvolta un caffè con Bruno, il vecchio maestro di Patrick, e talaltre osservando le consuetudini paesane che riporta su parola scritta per non perdere l’abitudine allo scrivere, ma soprattutto per non dimenticarsi chi è e di cosa è sempre stata capace.
Ma la montagna infuocata è soltanto apparentemente placata, a dimostrarlo è quell’eruzione che coincide con la visita dei genitori della donna dall’Italia. Prima una scossa, poi la certezza, poi i provvedimenti di evacuazione, ed ancora, la trasformazione implicita e silenziosa della loro nuova dimora in un confessionale claustrofobico in cui quei nodi irrisolti vengono riportati in superficie esattamente come il magma dalle profondità terrene. La memoria torna a galla, ferisce e mette tutto in discussione, perfino lo stesso rapporto con il compagno.
«La realtà sta nell’insieme degli elementi, non nell’astratto. L’astratto è un’idea, una proiezione. Solo quando viviamo a lungo in un luogo pensiamo ai dettagli che a quel luogo hanno dato valore.»
Chiara Marchelli dona al lettore un romanzo che è composto da un viaggio all’interno della mente dell’eroina e che ha quale obiettivo quello di scandagliare le profondità più intime dell’animo umano messo, in questo caso, a dura prova da circostanze imprevedibili quale l’insorgere di un aneurisma.
Il suo è un viaggio che nulla risparmia al lettore e che affronta anche i legami familiari nonché di coppia, sul proprio posto nel mondo, sull’essere compagni, amici, figli, genitori ma senza mai giudicare, senza mai condannare.
È una lettura che è un fiume in piena, un fiume di parole che trascina pagina dopo pagina proponendosi di affrontare le più radicate paure. Unica pecca, lo stile narrativo adottato che tende ad essere molto prolisso e minuzioso e quindi a rendere più difficoltosa, e dunque farraginosa, l’analisi di un testo che è interamente focalizzato (e impostato) nella dimensione mentale del personaggio principale e che di sua natura affronta problematiche corpose e significative.
Una lettura che induce alla riflessione e che lascia il segno ma che richiede anche un significativo sforzo da parte del conoscitore.