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UN SOSPETTO E' UNA PROVA
“Fedeltà” è un romanzo borghese. Già dal titolo l'autore lo carica di aspettative mettendo in chiaro di aver trattato uno dei più peculiari (ma poi quanto rispettato?) valori borghesi. Questo è un romanzo sulla fedeltà in tutte le sue accezioni: fedeltà a noi stessi, all'altro, ai nostri valori, al nostro modo di vivere; nello stesso tempo è anche un romanzo sulla crisi di questo valore parallelamente a una crisi della borghesia. La fedeltà e la sua crisi non sono frutto dei nostri tempi poiché l'autore ci mostra chiaramente che anche nel matrimonio dei genitori di Margherita c'era stata infedeltà.
L'azione si svolge per una prima parte del libro nel 2009, poi con un salto temporale di circa dieci anni ci porta ai nostri giorni, tutto in una Milano splendida e vissuta con una puntata a Rimini che poi è la città dell'autore. Carlo e Margherita sono una coppia di trentenni affiatata e complice, anche se hanno già dovuto fare i conti con un ridimensionamento delle loro aspettative: Margherita è un architetto ma si ritrova agente immobiliare, Carlo è redattore freelance in una rivista di turismo e professore universitario part time grazie alla raccomandazione del padre. Margherita è dei due la più concreta Carlo è un quasi fallito senza voglia di maturità ma con molte velleità. Tutto ha inizio dal “malinteso”: Carlo viene scoperto nei bagni dell'università fra le braccia di una sua allieva e la giustificazione addotta è che si era sentita male e lui la stava aiutando. E' vero? Non lo è? Non è importante ai fini della narrazione anche se poi si capirà, perchè da questo episodio Carlo e Margherita cominceranno a contemplare l'infedeltà come un qualcosa di cui entrambi hanno voglia.
Gli oggetti dell'attenzione dei due sono Sofia, la studentessa scoperta con Carlo, e Andrea, fisioterapista di Margherita. Sofia è una ragazza di talento, traumatizzata dalla morte della madre che poi tornerà a Rimini per ricostruirsi una vita; Andrea è un autodistruttivo che oscilla sessualmente tra rapporti con donne e uomini, arrivando alla fine a preferire questi ultimi e ad approdare in una storia seria e nella sicurezza del lavoro di edicolante.
Personaggio a sé stante ma trait d'union fra tutti gli altri è Anna, la mamma di Margherita, vedova, sarta dalle mani d'oro ma, come molte donne della sua generazione, tradita dalla vita e dai rimpianti.
Con uno stile pulito, senza picchi, con diverse sfumature di grigio, che a volte però scade nel piatto, Missiroli ci racconta la vita, dieci anni di vita. Carlo e Margherita avranno un bambino e compreranno un appartamento che non possono permettersi (fedeltà ad uno status borghese che vogliono mantenere) ma che li unirà ancora di più; gli altri personaggi graviteranno loro intorno senza scalfire la coppia (fedeltà a ciò che si è costruito). Carlo, rimasto disoccupato, verrà a patti con la sua ossessione per Sofia guardandola da lontano a Rimini -”...sentì che poteva lasciare andare l'ultima giovinezza.”- Margherita affronterà la malattia della madre.
A me questo romanzo è piaciuto. L'ho trovato simpaticamente demodè nel suo parlare di fedeltà con toni che si fa fatica ad inserire nel panorama letterario contemporaneo, mi ha ricordato molto il primo Moravia, quello de “La noia” o de “Gli indifferenti”. La concessione alla modernità come spiega Missiroli è data dalla “tecnica del passaggio di anime” - nella quale la telecamera della narrazione si sposta da un personaggio all’altro al momento del loro incontro, permettendo al lettore di conoscere gli stati d’animo di tutti quanti -
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