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Il giorno della civetta
 
Il giorno della civetta 2019-03-22 18:28:50 leogaro
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
leogaro Opinione inserita da leogaro    22 Marzo, 2019
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Quasi un'inchiesta sulla mafia

Il libro è ambientato in un imprecisato paesino siciliano, negli anni ’70 e prende spunto dall’omicidio di un sindacalista comunista, avvenuto nel 1947 a Sciacca.
Memorabile l’inizio: l’assassinio di Salvatore Colasberna, presidente dell’impresa edile “Santa Fara”, avviene in piazza in un’atmosfera surreale dove, all'arrivo dei Carabinieri, tutti si allontanano alla chetichella. Addirittura, il venditore di panelle, appostato alla partenza del bus, afferma di non aver udito alcuno sparo!

Le indagini vengono affidate al capitano Bellodi, ex partigiano mosso da alti ideali. Egli, seguendo alcune lettere anonime, convoca i fratelli dell’ucciso e sottopone loro delle ipotesi di movente. Scartati il delitto passionale e l’errore di persona, il capitano crede al movente economico e indaga sugli appalti: capisce dunque la matrice mafiosa del movente, suffragata dal fatto che la ditta Colasberna, una delle poche oneste della zona, abbia rifiutato più volte la protezione mafiosa subendone pesanti minacce.
Mentre a Roma qualcuno trama per trasferire Bellodi prima che scoperchi il vaso di Pandora, si indaga in varie direzioni. Alla scomparsa del potatore Nicolosi, basandosi su pochi e riottosi testimoni, Bellodi collega il sicario Marchica, pluriprocessato ma sempre scagionato per insufficienza di prove: nel suo dossier, Bellodi trova una fotografia che lo ritrae con l'onorevole Livigni. I delitti, intanto, diventano tre e sempre più persone attaccano il castello probatorio di Bellodi: troppi interessi vogliono smantellarlo, gli intrecci tra mafia e politica sono talmente forti che la questione giungerà perfino in Parlamento!

Libro gradevole, scritto con acutezza perché, seppur scherzando, dice una scomoda verità che davvero fu oggetto, all’epoca, di un’interrogazione parlamentare sulla mafia.
Memorabili alcune scene e molte frasi. Tra esse: “Il popolo cornuto era e cornuto resta … e chi se la spassa a passeggiare sulle corna? I preti e i politici, e tanto più dicono di essere col popolo e tanto più gli calcano i piedi sulle corna” e anche: “L’asino bisognava attaccarlo dove voleva il padrone…e pareva di stare attaccando l’asino in mezzo alle terraglie, e l’effetto della scalciata sarebbe stato da ricordarsene per sempre”. Infine, don Mariano dirà a Bellodi una frase storica: “Quella che diciamo l’umanità, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i pigliainculo e i quaquaraquà… Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi…più giù, gli ominicchi che sono come i bambini che si credono grandi …E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito… infine i quaquaraquà…ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre. Lei, anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo, lei è un uomo.”
In 3 parole: ironico, coraggioso, piacevole.

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