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L'isola dell'abbandono
 
L'isola dell'abbandono 2019-03-08 15:30:12 Ginevrosità
Voto medio 
 
2.0
Stile 
 
1.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
2.0
Ginevrosità Opinione inserita da Ginevrosità    08 Marzo, 2019
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Un foglio di formato A4

Finito di leggere ieri sera. Solitamente mi tengo lontana, durante l’anno, dalla letteratura pop (e con pop intendo di massa, di consumo, da spiaggia. Attenzione: la mia definizione non vuole essere un’offesa né all’autrice, né ai suoi lettori affezionati) perché spesso non è quello che cerco. In questo caso però ho sentito che ne parlavano bene al programma “La Bomba” su Radio Deejay; ed io mi sono fatta conquistare dal fatto che una radio fra le più ascoltate avesse dato finalmente spazio al commentare un romanzo, appunto quello della Gamberale. Nel programma la Littizzeto intervistava l’autrice, cogliendo l’occasione per manifestare il suo pensiero sul tema “amori travagliati e malsani che ci fanno ovviamente soffrire ma in cui perseveriamo”; ne esce fuori una simpatica scenetta nella quale l’autrice ammette che verrebbe voglia di prendere a badilate il Lui della storia così come la Lei.
Bene. Il giorno dopo “L’isola dell’abbandono” l’ho comprato: se ti viene voglia di prendere a badilate il personaggio di un romanzo, significa che la trama è coinvolgente e che le personalità sono così ben sviluppate da risultare poliedriche e reali.
A me sinceramente e purtroppo non viene voglia di prendere a badilate nessuno.
La storyline è una matassa sconclusionata in cui Occhi (nomignolo della protagonista), donna incapace di prendere la decisione di dare un taglio alla relazione con Stefano, soggetto con disturbi della personalità (bipolarità) e dipendenza da droga pesante, viene abbandonata da quest’ultimo, il suo uomo, sull’isola di Naxos proprio come Arianna nel mito greco viene abbandonata da Teseo. Qui, conosce Di, un surfista che invece le da tutto l’amore di cui apparentemente lei ha bisogno: un uomo che la rispetta. Nel frattempo, grazie a sbalzi temporali gestiti in modo poco chiaro, sappiamo che Occhi diventa l’amante dello psichiatra di Stefano, per poi leggere in chiusura con il solito finale buonista.
Ora, a me questo tipo di letteratura sta benone. Però perché presentarla in radio come “Il romanzo della Gamberale che sviscera il tema della maternità, e dell’ostinazione ad amare ciò che ci ossessiona, della paura che si prova davanti alla possibilità di essere finalmente felici…” ? Sono temi difficili da trattare ed in my humble opinion sono anche troppi, per uno stile così “di cronaca” che pare di leggere un articolo di giornale che si limita ad esporre i fatti accaduti, per delle personalità profonde quanto un foglio bianco da stampante.
Ho visto qualche barlume quando le letto l’interpretazione artistica che Occhi ha della sua vita, lei è un’illustratrice fumettista che prende spunto dalle difficoltà e le tramuta sketch interessanti dai protagonisti animali. Stefano diventa un coniglietto in balìa dell’umomometro, uno strumento in grado di misurare il suo umore altalenante: blu nei momenti di negatività, rosso nella positività.
Interessante è anche la digressione sul tema dell’abbandono trattato in un mini racconto in cui una bambina si affeziona visceralmente ad un elefantino dalla proboscide gialla (stesso colore della cucina che Occhi aveva scelto con Stefano, starebbe a simboleggiare la loro vita quotidiana serena), che però puntualmente perde di vista.
Morale della favola, se il romanzo fosse stato narrato tramite certe allegorie che sono comparse sporadicamente all’interno del libro, anche mantenendo lo stesso stile elementare, sarebbe stato davvero bello.

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Mi trovo d’accordo, sono rimasta delusa, anche della fine, storia forzata!
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