Dettagli Recensione
Top 50 Opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
Sulla fondatezza dei luoghi comuni
“Piccola osteria senza parole” di Massimo Cuomo è un divertente mix di commedia e mistero che per molti aspetti mi ha ricordato il “Premiata Ditta Sorelle Ficcadenti” di Andrea Vitali.
La vicenda è ambientata in un paesino fittizio al confine tra le regioni del Veneto e Friuli, dove l’arrivo inatteso di un meridionale sconvolgerà le vite di diversi cittadini, portando le parole dove prima c’erano solo gesti e imparando a sua volta l’importanza di un semplice gesto, che spesso può sostituire interi dialoghi.
Il romanzo segue parecchie story line, saldato rapidamente dall’una all’altra, e questo porta ad una lettura rapida, quasi vorace del volume che ho trovato a tratti molto divertente. Peccato per i personaggi, che sono in buona parte il risultato di un lavoro di copia-incolla e, di conseguenza, anche le relazioni tra loro risultano tutte uguali; gli unici a risaltare un po’, ossia Tempesta e Malattia, vengono poi penalizzati dall’inspiegabile virata noir sul finale, che li snatura.
Lo stile è però il vero scoglio di questo romanzo (assieme allo squilibrio imbarazzante tra personaggi maschili e femminili), caratterizzato da virgole dimenticate e cambi continui di tempo verbale: il tutto dovrebbe trovare giustificazione nella premessa del volume, ma questa non spiega la descrizione di scene alle quale il narratore non è partecipe.