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Naxos
«Ho capito che nessuno di noi, purtroppo, può evitare che i nostri figli si sentano derubati da quello che noi saremo o non saremo, gli daremo e non gli daremo… Però se noi, adesso che siamo solo all’inizio, non ci diciamo bugie, se facciamo lo sforzo di rimanere saldi e non permettiamo all’Uragano Figlio di portarsi via le nostre contraddizioni, le nostre impotenze, i nostri più veri, oscuri desideri, se non trasformeremo i nostri figli nella scusa per perdere definitivamente il contatto con quello che davvero siamo, anche se è scomodo, soprattutto se è scomodo, io penso che quando un giorno loro ci chiederanno: che cosa è successo, mamma?, come mai qui, nella mia testa, è tutto per aria? Perché la serratura del mio cuore è stata scassinata, papà?, bè: almeno una risposta da noi ce l’avranno, e non dovranno andare a cercarla da un analista, dall’amore, da una guida spirituale, dall’amore, dai fiori di Bach, dall’amore.» p .23
Quando all’uscita del locale ha conosciuto quello strano soggetto che sin dal principio l’ha approcciata con rudezza e con un soprannome, Occhi, perché quel verde era indescrivibile e alla fin fine nemmeno il resto era poi da buttar via, ella già sapeva che tutto sarebbe finito con quel fare l’amore così naturale e spontaneo che soltanto certi incontri hanno il potere di avere. Stefano era così, è sempre stato così. Nonostante i suoi tradimenti, i suoi alti e bassi, i suoi giorni fissi su PERICOLO BLU dove ogni pretesto era buono, il suo cadere in ogni tipo di droga dalla cocaina alla ketamina passando anche e non di meno per l’eroina, nonostante quella relazione che era chiaramente diventata una terra pericolosa, un Far West dove tutto era lecito per giustificare quel dolore, quel vuoto, quella super eccitazione, per lei nessuno poteva sostituirsi a quel primo grande e devastante amore con cui aveva realizzato i suoi primi libri, con cui aveva disegnato i suoi primi eroi per bambini. Anche adesso che aspetta un figlio da Damiano Massimini, quello stesso psicologo con quindici anni più di lei, la sua barba che pare fatta di polvere che lo fa sembrare più anziano rispetto a quegli occhi chiari, vigili e attenti che sono quelli di un ragazzino che prese in cura proprio quel primo amore, non può far a meno di pensarvi. E poi, poi c’è Di che è stato l’unico a toccare realmente le sue corde più intime, tanto da farla restare invece che, come suo solito, fuggire. C’è Naxos, “un’isola strana, dove le storie cominciano, passano, ma non si chiudono mai, perché c’è sempre qualcuno che si inventa un finale diverso e così tutto ricomincia da capo, come in un eterno presente” (pag. 212). C’è l’esser diventata madre con tutto quel che ne compete, l’esser fragile e al contempo indistruttibile. Chi sono io? Chi ero? Perché sono qui? Perché è così difficile considerarsi una famiglia? Cosa ha davvero significato quell’isola e perché un’assenza può essere più forte e dirompente di una presenza, perché le possibilità possono farci così tanta paura da sembrarci irrimediabilmente pericolose e lesive?
Partendo dal mito dell’abbandono di Teseo e Arianna e con un’eroina molto particolare il cui cuore è suddiviso tra tre uomini, che ha paura, paura di perdere il filo, di perdere le sue certezze, Chiara Gamberale torna in libreria con un libro intriso di molteplici tematiche e di spunti di riflessione. Tutto ha inizio con una seduta in un gruppo di psicanalisi e continua con l’intento di scrivere una lettera al figlio per spiegare quei perché, per dare quelle risposte a cui si somma, ancora, un’autoanalisi che passa dal presente al passato per tornare alla dimensione di Naxos e riuscire ad affrontare quelle fatali trasformazioni che la vita, con la sua durezza, la sua crudeltà, la sua inarrestabilità, semplicemente ci mette davanti. Travolgendoci, destabilizzandoci. Perché qualcuno nasce, altri muoiono, altri si separano da noi per molteplici circostanze, altri restano. Ed è difficile mantenere il controllo quando la nostra esistenza ci sfugge, è inafferrabile. È difficile sapere chi siamo quando tutto quello che sempre ci ha caratterizzato va in frantumi come un vetro di cristallo.
Come fare allora per affrontare tutto questo? Come uscirne indenni? Come rinascere? Prima di tutto occorre conoscersi, sapere chi siamo e solo una volta che tale consapevolezza è sopraggiunta, soltanto quando siamo consapevoli dei nostri limiti e delle nostre colpe, soltanto quando ci assumiamo le responsabilità dei nostri errori senza scaricarli su terzi, allora possiamo dire di avere una possibilità di riuscire. Allora possiamo essere certi di poter amare davvero senza essere schiavi di quella persona impossibile con cui ci facciamo scudo, ci proteggiamo, che diventa lo specchio della nostra insicurezza, dei nostri sbagli, della nostra mancanza.
Questo e molto altro è “L’isola dell’abbandono”, un testo dove siamo chiamati ad interrogarci sui nostri timori, sulle nostre debolezze, sui nostri successi e insuccessi. Ancora, in questo, vengono affrontate problematiche quali la paura di restare di fronte alla possibilità di fuggire, la difficoltà di assumersi le proprie responsabilità, la paura di sbagliare, l’evoluzione, la maturazione dell’essere umano. Perché tutti abbiamo dubbi, tutti abbiamo preoccupazioni, ma possiamo sempre migliorarci, crescere, di affrontare le nuove difficoltà e esperienze della vita. E questo è quello che Chiara e la sua protagonista fanno. Imparando a prendersi cura di loro stesse, imparando a prendersi cura dei loro bambini, imparando semplicemente ad amare con semplicità e genuinità.
Un contenuto forte a cui si associano deliziose illustrazioni (quali il coniglietto Pilù: che fa su e giù) e uno stile narrativo che o si ama o si odia. La prima parte, in particolare è molto descrittiva, prolissa e talvolta confusionaria perché la scrittrice catapulta il lettore interamente nella mente caotica di questa neo madre, ma superata questa il messaggio del testo arriva nella sua totalità e non lascia indifferenti.
«Lei dà un bacio sulla fronte anche a lui. Poi prende Emanuele in braccio, fa finta di mordergli un piedino, l’altro. Gli sussurra in un orecchio: “Ciao amore. Sono tornata”. Lui le afferra un dito con una mano. Con gli occhi cerca Damiano, lo trova. E si calma. Misteriosamente, come misteriosamente si era turbato.
Ma se sapessimo di che cosa abbiamo bisogno, non avremmo bisogno dell’amore. »
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grazie per la tua recensione.. E' molto utile. Ho comprato questo romanzo proprio ieri e mi aspetta impaziente sul comodino.
Non sembra male a giudicare da come ne scrivi, quindi potrei essere contenta dell'acquisto ;)